Televisione


31
maggio

GARANZIA PRIMAVERA 2010: TUTTI VINCONO. MA PERCHE’?

Rai (Cavallo Viale Mazzini), Mediaset (Torre Cologno Monzese)

La matematica si sa non è un’opinione, ma i numeri talvolta si prestano a molteplici interpretazioni. Lo sanno bene Rai e Mediaset che puntualmente, alla fine di ogni garanzia, snocciolano dati che li vedono vincenti sul proprio avversario. Accade sempre, è accaduto anche stavolta con i dati che vi andiamo ad illustrare.

Cominciamo con i dati diramati da Mediaset, il cui periodo di garanzia va dal 10 gennaio al 29 maggio (settimana di SanRemo esclusa). L’azienda di Cologno Monzese conferma il primato sui 15/64 in tutte le fasce principali (leader in prima serata con il 42.4%, e nelle 24 ore con il 24.9%) mentre Canale 5 risulta essere la rete più vista con il 22.9% in prime time e il 22.1% nelle 24 ore. La performance dell’ammiraglia Mediaset costringe Raiuno a fermarsi ad un misero 16.5% nelle 24 ore. Terza rete sul pubblico attivo è Italia1 con l’11% di share. La rete giovane del gruppo è altresì prima rete nel target 8/14 con il 20.2% di share e seconda rete nei target 15/24 (18.4%) e 25/34 anni (14%). L’unica fascia d’età nella quale le reti Mediaset cedono lo scettro è quella degli over 65 dove è Raiuno ad uscirne vincitore con il 32.1% di share.

Da sottolinerare i risultati ottenuti dai canali tematici Mediaset. Boing è l’ottava rete nazionale nelle 24 ore sul totale individui ed è al primo posto nella classifica delle reti per bambini con uno share del 7.2% sul pubblico 4-14 anni nella fascia 7:00-22:00. Iris, invece, si aggiudica, nelle 24 ore, lo 0.5% sul pubblico attivo e Premium Calcio, nelle domeniche di Campionato, nella fascia 15:00-17:00, raccoglie il 7.7% e, nellla fascia 20:45-22:45, il 4.4% (sempre sul target commerciale).




31
maggio

DECRETO SULLE INTERCETTAZIONI, LA TV-REALTA’ LANCIA L’ALLARME PER SALVARE LE SUE INCHIESTE

La legge “bavaglio” non s’ha da fare. Sente la mannaia sul collo, così la tv realtà lancia il suo ultimo appello: no al decreto sulle intercettazioni. Lo fa con urgenza e senza mezzi termini, proprio oggi che il provvedimento dell’esecutivo passa all’esame del Senato con la concreta possibilità di un’approvazione entro la settimana. Dalle barricate l’opposizione è già sul piede di guerra e annuncia un fermo ostruzionismo che potrebbe costringere il governo a ricorrere alla fiducia. Tra le diverse voci che in questi giorni si sono espresse contro le restrizioni previste dal ddl, dagli schermi tv si leva forte quella dei programmi di inchiesta e informazione giudiziaria. “Report”, “Un giorno in pretura” e “Chi l’ha visto?” avvertono come reale il pericolo di restare ‘imbavagliate’ e protestano di fronte alla possibilità di vedere limitato il loro lavoro.

Norme severissime. Di fatto il disegno di legge sulle intercettazioni prevede un giro di vite significativo, con provvedimenti che impediranno alla  tv-realtà di infiltrarsi nei processi e di raccontarne particolari e notizie più scomode. Le telecamere, infatti, non potranno entrare nelle aule di tribunale senza il consenso di tutte le parti, e i giudici non potranno più rilasciare dichiarazioni. Tuttavia i giornalisti professionisti e pubblicisti potranno riprendere o registrare una conversazione all’insaputa dell’interlocutore purchè ci siano reali finalità di cronaca: la cosiddetta norma “salva Iene”. In molti riconoscono la necessità di dover regolamentare l’uso e la diffusione delle intercettazioni, anche nei programmi tv, ma certo alcune di queste restrizioni rischiano di rivelarsi un autogol per la maggioranza stessa.

L’urlo della Gabanelli. Tra gli appelli più sentiti, e anche più critici nei confronti del governo, quello di Milena Gabanelli, storica conduttrice di Report. La giornalista, che già aveva lanciato un allarme sul ddl in diretta tv all’inizio della trasmissione (VIDEO DOPO IL SALTO), ha dichiarato a Repubblica“Sono convinta che la questione intercettazioni vada regolamentata, ma credo che questo governo non sia legittimato a fare niente perché è troppo coinvolto. E poi lo vogliamo dire? Per come è messo il Paese in questo momento è possibile che il Parlamento sia bloccato a discutere solo di questo?”


31
maggio

INTERVISTA A CLAUDIO LIPPI: AVREI POTUTO CONDURRE CENTOXCENTO SU RAIDUE IN PRIME TIME. MA LIOFREDI, PASQUINELLI E MEDIASET…

Non lo vediamo in televisione da alcuni anni, quando – per manifestare tutto il suo disappunto nei confronti di un determinato tipo di televisione – fece armi e bagagli e abbandonò il contenitore domenicale che lo vedeva protagonista. Una scelta che è costata cara al presentatore che, a distanza di anni, continua a pagare per questa “ribellione” e cerca ancora una propria collocazione in palinsesto. Dai mancati incontri con i Berlusconi, padre e figlio, alla riappacificazione con Lucio Presta e Paola Perego, dalle pregresse esperienze de Il Pranzo è Servito e Tira e Molla (Si o No) ad un bizzarro appuntamento con il Direttore di Raidue Liofredi, Claudio Lippi si racconta a DM svelandoci i retroscena di un suo ipotetico approdo (mai avvenuto) a Raidue. 

Allora Claudio, a che punto siamo rimasti?

Siamo rimasti ad un episodio che si trascina tuttora. Un momento che non è mai stato letto per come io speravo di averlo fatto capire. O sono stato poco chiaro io oppure c’e’ stata una forte strumentalizzazione.

Parliamo del tuo abbandono di Buona Domenica?

Si. Arrivavo a quell’edizione dopo 10 edizioni con Costanzo nelle quali ho sempre fatto parte di squadre in cui si alternavano i giocatori: Fiorello, Papi, Lopez, Barale, Freddi, Capua, Laurenti, Insegno. C’e’ stata, quindi, una lunga militanza in una trasmissione nella quale, per scelta di un unico responsabile che si chiamava Maurizio Costanzo, se si andava bene si condividevano i successi e ciascuno prendeva i propri meriti; se viceversa andava male, la colpa cadeva solo su Costanzo. Eravamo abbastanza protetti: è un ombrellone talmente largo che se ne prendeva tutte le responsabilità, nel bene e soprattutto nel male. Quando Costanzo abbandonò Buona Domenica, mi fu proposto di essere il fil rouge tra una trasmissione che era diventata storica e una nuova formula. Per creare una continuità mi si chiese di rimanere con dei ruoli che non furono mai sufficientemente condivisi e discussi.

Vale a dire?

Il mio problema non era tanto l’essere sul ring che, comunque, era lontano dal mio modo di fare spettacolo o di interpretare la domenica pomeriggio, ma risiedeva principalmente in una difficoltà di dialogo. Mi fu, infatti, assegnata una ”quota autorale”  grazie alla quale portavo dei suggerimenti, ma non mi è stata data mai la possibilità di metterli in pratica. Quando, alla seconda o alla terza puntata, sarebbe dovuto essere ospite proprio Luca Laurenti proposi di rifare quel gioco (ideato da me) col quale bisogna indovinare cosa c’era scritto su una fascetta attaccata sulla fronte dei concorrenti. Mi si impose di fare, invece, la classifica del Senso della Vita fatta da Bonolis – Laurenti. Ebbi un moto di rivolta: “perchè devo fare una cosa che fa un collega quando avevo la mia?”. Non immagni cosa sia successo…

E dunque?

Non volevo diventare un ingranaggio di un sistema che non conosco e non condivido. Ho una credibilità con un certo pubblico e non voglio perderla. Non pretendo di essere protagonista (nella mia vita non l’ho quasi mai fatto). E’ molto più saggio essere un’ottima spalla piuttosto che un mediocre professionista. Non ho il sacro furore del “ci penso io, l’ho inventato io” (imita Pippo Baudo, ndDM).

 Non volevi deludere quel pubblico che ha una certa idea di te?

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30
maggio

LA PUPA E IL SECCHIONE 2, LA SEMIFINALE. ECCO LE COPPIE FINALISTE.

Siamo giunti ad un passo dalla fine. Il reality ”scostumato” di Italia1 eleggerà questa sera le tre coppie finaliste che avranno il compito di dimostrare la prossima settimana chi tra loro ha più ‘interscabiato’ le proprie conoscenze. A tener banco in prime time su Italia 1 ci sarà stasera la semifinale de La Pupa e il Secchione 2, condotta da Enrico Papi e Paola Barale.

Tante sono le chicche a cui assisteremo. Innanitutto l’ultima eliminazione, che vede in lizza eccezionalmente tutte le coppie: alla fine della scorsa puntata, infatti, la giuria ha deciso di non voler decidere chi mandare in nomination, decretando lo stato d’allerta per tutti i concorrenti. Dopo le tre manche di gioco che hanno visto il salvataggio di una coppia per manche, è stata la prova del vulcano tra Garagozzo/Monica e DeGiovanni/Elena a sancire l’eliminazione della coppia formata dalla pupa Monica col suo secchione ingessato Garagozzo. Coppie finaliste, dunque, saranno quelle formate da Elena e De Giovanni, Francesca e  Bianco e Pasqualina con Tassinari.

Il televoto per decretare la pupa di Tassinari ha visto, infatti, vincere Pasqualina. E proprio in relazione al secchione della verace napoletana, nuovi sviluppi sono emersi durante l’ultima settimana. Il buon Tassinari, infatti, da “tenero zerbino” ha subito una strana metamorfosi in astuto giocatore, bramoso di vittoria: critica e sminuisce i curricula dei suoi colleghi secchioni ed attacca Cavazzoni. Tra la delusione e l’arrabbiatura per questo vero e proprio outing, lo stesso Garagozzo ammette: “nonostante tutte le Pupe abbiano sempre pensato che Tassinari è un buono, in realtà non lo è per niente”.


30
maggio

SANGUEPAZZO, MONICA BELLUCCI E LUCA ZINGARETTI NELLA MINISERIE TRATTA DAL FILM DI MARCO TULLIO GIORDANA

Valenti e Ferida, amanti belli e dannati. Divi del cinema mussoliniano dei “telefoni bianchi” avvolti da un fascino ambiguo e licenzioso, poi accomunati da una tragica fine. La loro vita depravata viene raccontata da Sanguepazzo, opera del regista Marco Tullio Giordana che andrà in onda su Raiuno oggi, domenica 30 maggio, e domani in prima serata. Quella proposta dalla tv come miniserie in due puntate sarà la versione integrale dell’omonimo film che Giordana presentò con successo al Festival di Cannes del 2008. Una storia intensa e poco conosciuta che si snoda tra le turbolenze passionali dei due protagonisti e gli eventi concitati dell’Italia ribaltata dai partigiani negli anni della Liberazione.

Osvaldo Valenti (Luca Zingaretti) e Luisa Ferida (Monica Bellucci) sono due star del cinema dei telefoni bianchi, quello che il fascismo promuoveva come mezzo di propaganda, per creare l’immaginario di una nuova Italia. Valenti, dandy dal fascino mefistofelico, e Ferida, bellezza provocante, trascorrono una vita di eccessi  tra il consumo di cocaina e la lussuria di una sessualità promiscua. Dopo l’armistizio dell’8 settembre 1943 aderiscono alla Repubblica di Salò, spostano la loro attività cinematografica a Venezia e poi tornano a Milano, dove vengono arruolati in una banda di torturatori. Pochi giorni prima della Liberazione si consegnano ai partigiani respingendo le accuse e giustificando gli affari loschi del mercato nero col bisogno di procurarsi stupefacenti. Al Comitato di Liberazione decidono di infliggere loro una punizione esemplare: saranno fucilati. I loro cadaveri sono rinvenuti alla periferia di Milano all’alba del 30 aprile 1945, cinque giorni dopo la fine della guerra.

Sanguepazzo è un’opera di valore cinematografico e soprattutto storico. Non certo una forma di revisionismo, ma anzi il tentativo di indagare la Storia e le sue cause passando per le vicende di una coppia ‘maledetta’, vittima più o meno consapevole di eventi che hanno trasformato il Paese. “Chi non conosce la storia è destinata a ripeterla” ha spiegato il regista Marco Tullio Giordana, aggiungendo: “Vorrei che questo film non apparisse solo come la fedele ricostruzione, un estetizzante film in costume, ma fosse invece incisivo e “contemporaneo” come un qualcosa che faccia rima coi nostri giorni, col nostro presente solo in apparenza meno infuocato”.





30
maggio

PIPPO CHE NOIA CHE FA…

Pippo Baudo

Quel che si dice è proprio vero: la televisione logora chi non la fa o almeno chi non la fa più. Capita infatti che il maestro di un tempo che fu, alias Pippo Baudo, non perda occasione per attaccare il piccolo schermo e i suoi contenuti. Teatro delle invettive, questa volta, è il salotto radical chic di Che tempo che fa di Fabio Fazio

Stuzzicato dalle astute circonlocuzioni del padrone di casa, il conduttore siciliano senza mezze misure comincia con il criticare la televisione che tratta il pubblico come tappeto, per poi fare il suo affondo contro i talent. Così si esprime il Pippo Nazionale sulla televisione tanto in voga: “Questa televisione dei talenti non mi piace, i talenti non hanno futuro, si creano solo illusioni .

Un’opinione soggettiva, e solo per questo accettabile, ma che rasenta il ridicolo quando si passa all’elogio della vecchia televisione o degli antesignani dei talent. Ad essere encomiata, per capirci, è quella tv le cui redini erano salde nelle mani del conduttore. Il caro Pippo faceva, infatti, una cultura accessibile che oggi nessuno fa perchè nei suoi show ci si acculturava anche alla visione dei costumi delle starlette; ma soprattutto lui sì che scopriva talenti. Talenti che, a differenza di oggi, venivano poi adoperati. Albano, Fausto Leali,  per citare i nomi fatti in trasmissione, ai quali noi possiamo aggiungerne degli altri; peccato, però, che poi il Pippone nazionale si dimentica di citare le tante meteore incrociate nella sua carriera. Tanti anche gli “illusi” di Baudo, personaggi colpiti da successi improvvisi e che ora sono spariti o galleggiano barcamenandosi tra feste di piazza e il sogno di un reality o dell’ennesimo Sanremo che li faccia uscire dal sarcofago.


30
maggio

LUNGA VITA A UOMINI E DONNE

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Gioie e dolori, entusiasmo e delusione. C’est la vie direbbe qualcuno; ”la vita”, purtroppo - chioserebbe qualcun’altro -passa anche da Uomini e Donne. Il programma, infatti, ha chiuso i battenti venerdì regalando ai suoi fan due scelte di opposto sapore. Da un lato Ramona Amodeo che, a dispetto delle previsioni della vigilia, si è beccata un bel SI dal suo corteggiatore eletto, Mario; dall’altro Samuele Nardi che si è visto infliggere un sonoro NO dalla pretendente napoletana Teresanna.

Al di là degli esiti alterni, le ultime puntate della stagione - grazie altresì ad ascolti ottimi anche se ben lontani dai record del passato quando le scelte sfondavano il muro del 30% e dei 4 milioni di spettatori - hanno messo in evidenza come la vecchia formula dei troni sia tutt’altro che stantìa. Una dimostrazione di forza da parte del “cuore cerca cuore” che sembra allontanare lo spettro di un’ipotetica rimozione della formula tradizionale, nella stagione futura, a favore della versione over; cosa peraltro che non ci saremmo mai augurati.

Perchè chiametelo pure trash, “pornografico” o buco nero della televisione, ma noi, che rifuggiamo le etichette pseudo intellettuali, non smetteremo mai di difendere Uomini e Donne e i meccanismi sociali che sottendono al successo del programma. E se poi gli ascolti di quest’anno sono calati (22.3% la media di quest’edizione, al 25 maggio, gasata dal 23.7% di media del trono over) i motivi sono congiunturali (poco felice scelta di alcuni tronisti) e strutturali (eccessivo utilizzo del format), ragioni per le quali l’innesto “old” è stato più che azzeccato.


29
maggio

RAITRE, IL TRIBUNALE ORDINA IL REINTEGRO DI RUFFINI. L’AZIENDA NON CI STA:”DI BELLA RESTA”

Torna a casa Ruffini. Lo avevano sostituito nei mesi scorsi, sbalzandolo dalla sua poltroncina di direttore di Raitre, e senza fare troppi complimenti lo avevano dirottato verso un altro ruolo interno alla Rai. Un bella stoccata. Lui infatti se l’era presa, lamentando che il nuovo incarico non rispondesse al suo profilo professionale e alle responsabilità finora ricoperte. Non ci aveva pensato due volte e aveva fatto ricorso al Tribunale di Roma. In questi giorni il caso torna a smuovere i piani nobili della tv di Stato, con l’arrivo della sentenza del giudice del lavoro: Paolo Ruffini deve essere reintegrato alla direzione di Raitre. Ricorso accolto.

Il Tribunale motiva il provvedimento con parole che lasciano poco spazio ad interpretazioni. Secondo il giudice “‘indizi gravi, precisi e concordanti” legano la sostituzione di Paolo Ruffini alla direzione di Raitre alla critica verso alcuni programmi della rete. Per questo motivo “la delibera di sostituzione del vertice di Raitre non appare dettata da reali esigenze di riorganizzazione imprenditoriale presentando invece un chiaro connotato di motivazione discriminatoria e quindi illecita“. Un’ordinanza che, quindi, impone alla Rai di reintegrare Ruffini “come dirigente editoriale direttore di Raitre“.

Ma in Viale Mazzini non ci stanno e annunciano “ricorso immediato” al giudice di ordine superiore. Giusto il tempo di leggere l’ordinanza con l’obbligo di reintegro di Paolo Ruffini e l’azienda diffondeva un comunicato in cui si affermava che la nomina di Antonio Di Bella a direttore di Raitre restava valida. Per ora lo stesso Di Bella “continua a svolgere il proprio mandato“. Voce fuori dal coro quella del presidente della rai Paolo Garimberti che ha affermato: “Le decisioni della magistratura  vanno sempre e comunque rispettate così come pacta sunt servanda”. Intanto l’attuale numero uno della terza rete ha preferito non commentare l’ordinanza, riservandosi di leggere prima le carte.

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