Elegante, simpatico, e raffinato: difficile trovare al giorno d’oggi personaggi come Raimondo Vianello che, insieme ad altri illustri colleghi scomparsi recentemente, ha fatto senza alcun dubbio la storia della televisione italiana. Morto, citando Paolo Bonolis, serenamente all’età di 87 anni (ne avrebbe compiuti 88 a maggio), Raimondo, praticamente un’istituzione del piccolo schermo assieme all’inseparabile moglie Sandra Mondaini, lascia un vuoto, forse incolmabile, nel mondo dello spettacolo.
Nato a Roma nel 1922, figlio di un Ammiragglio della Marina militare, Raimondo Vianello si iscrive alla facoltà di giurisprudenza e, durante la Seconda Guerra Mondiale, aderisce alla Repubblica di Salò, adesione che lo porta suo malgrado nel campo di concentramento di Coltano. Amante a 360 gradi dello sport, all’età di 28 anni decide di accantonare la laurea e si tuffa nel mondo del teatro di rivista con la ditta G&G: semplicemente l’alba di un grande successo. Sbarca quindi sul piccolo schermo con Ugo Tognazzi in Un due tre e arriva, grazie alla sua ironia tagliente ed elegante – proprio d’altri tempi, al sabato sera in qualità di valletto di Corrado.
L’incontro con Sandra Mondaini è l’inizio di una nuova vita, sia privata che professionale. La coppia, rappresentazione di quell’amore eterno che in tanti sognano, spopola in Rai tra gli anni ‘60 e ‘70 con Studio Uno e poi in Sai che ti dico?, Tante scuse, Di nuovo tante scuse, Noi… no, Sette e mezzo e Stasera niente di nuovo. Con il passaggio in Mediaset, la coppia entra nei cuori di tutti gli italiani grazie a Casa Vianello (e i vari spin off), diventata una vera e propria seconda casa per milioni di telespettatori. Ma Raimondo conduce anche Il gioco dei nove, Attenti a noi due, Sandra e Raimondo Show e Pressing, grazie al quale torna al suo grande amore: il calcio. Già anziano, nel 1998 la Rai gli affida il Festival di Sanremo, condotto con Eva Herzigova e Veronica Pivetti.