Mauro Marin vince a mani basse, forse con un dominio indisturbato mai registrato prima. La prima volta che lo abbiamo visto segregato in quella camera d’albergo, vittima, si fa per dire, delle avances di Cristina Del Basso, non avremmo scommesso una lira sulla sua possibile vittoria al Grande Fratello extra large. Eppure il fatto che la produzione l’avesse tenuto sotto pressione tutto quel tempo doveva farci capire immediatamente che si puntava tanto sul suo istinto ribelle.
Sono bastati però i suoi primi minuti della casa a farcelo adorare, quando con un coraggio da applausi ha subito precisato di non essere arrivato lì per fare il gioco del club della carne e dei suoi capoclan Scattarella e Leonard che non avevano avuto la ben minima verecondia a rivelare la loro leadership sulle donne e sugli affari della casa. E di lì tutto una continua irrisione delle manie di grandezza dei big, sonoramente sbeffeggiati con pernacchie e sorrisini di circostanza, smentiti in maniera irresistibile non appena il personaggio di turno fosse stato accontentato.
E poi i capitolo degli amorazzi del dottor Marin. Prima catapultato su Veronica per far imbestialire colui che per sua stessa definizione rimarrà agli albori della storia catodica come Pitbull il troglodita (celebre il metro di lingua affondato in bocca alla ‘povera’ Veronica durante la prova del bacio, sotto gli occhi del fidanzato di lei Scattarella), poi sull’amichetta di letto della Ciardi, quella Sarah Nile che ha tanto stregato il cuore di Mauro da meritarsi come pegno d’amore un preziosissimo anello dopo un paio di giorni (su cui poi lo stesso dottore ha ricamato una storia arzigogolata, da scompiscio autentico).