Myrta Merlino
L’economia raccontata dalla parte dei cittadini e delle loro tasche. La sfida di Myrta Merlino riparte da qui, dalle storie della gente comune che ogni giorno ha a che fare con la crisi e con le sue conseguenze dirette. Perché sembrerà strano, ma quando sale lo spread i primi a rimetterci siamo proprio noi. “Daremo voce a chi non ce l’ha” spiega a DM la conduttrice e giornalista economica di La7, che domattina alle 11 tornerà in onda con il programma d’approfondimento L’Aria che tira. Anche quest’anno, la trasmissione affronterà i principali temi d’attualità economica attraverso le vicende dei suoi protagonisti, che saranno “la gente normale, non le folle da programma santoriano“. Dunque bando al populismo, per raccontare il Paese reale in diretta e senza rifrazioni.
Myrta, che aria tira oggi in Italia?
Pesante, molto pesante. Il nostro è un Paese in cui ormai fanno tutti fatica: i giovani precari, ma anche i cinquantenni esodati e gli imprenditori. Andando in onda tutte le mattine ci siamo accorti che esisteva un mondo fatto di persone normali, le quali soffrono la crisi ma non sanno a chi chiedere aiuto. Perciò abbiamo aperto questo grande sportello grazie al quale portiamo in studio le storie della gente comune, raccontate dai diretti protagonisti. Ogni puntata ha un tema rispetto al quale chiediamo delle risposte concrete alle Istituzioni e ai politici. Mi rendo conto che per questi ultimi non sia facile venirci a trovare, perché un conto è insultarsi tra pari in un talk show, un altro è dare risposte vere a problemi veri.
In questa edizione ci saranno novità?
Al centro ci saranno le storie. Inoltre avremo in studio un pubblico parlante e ben preparato sugli argomenti, composto da persone delle quali già conosciamo le vicende e che sono diventate un po’ la nostra famiglia. L’ultima parte della trasmissione sarà dedicata alla denuncia di ciò che non funziona nella Casta o nella burocrazia, e a seguire ci sarà sempre un vademecum per evitare di essere maciullati da meccanismi che non riusciamo a controllare.
Insomma, fate quello che tecnicamente si definirebbe “servizio pubblico”. Eppure andate in onda su un’emittente privata…
Ormai La7 è il vero servizio pubblico in Italia. Quello che facciamo noi credo sia la risposta alle esigenze più profonde delle persone, in un momento in cui il Servizio Pubblico ha rinunciato ad essere un punto di riferimento su tante cose. Io sono cresciuta in Rai ed è stato bello arrivare a La7 e trovare lo stesso spirito che avevo lasciato a Rai3.
Informare i telespettatori è meritorio, ma non ti sembra che La7 stia facendo il pieno di programmi d’attualità, con il rischio che si cannibalizzino?
La scommessa della rete è di rimanere accesa sempre e comunque. Il rischio c’è, ma sta alla bravura di chi fa televisione saper cucinare il racconto della realtà nelle sue diverse facce. Noi, ad esempio, andiamo in onda dopo Omnibus e Coffee Break che sono dei talk show classici, quindi parliamo di attualità con una chiave diversa rispetto a chi ci precede: teniamo l’orecchio incollato a terra per sentire il Paese.
L’ultima tendenza televisiva è quella di aprire i microfoni alle piazze, per ascoltare la voce alla gente. Ma così non c’è il pericolo di dare voce anche al populismo chiassoso?