Era il 4 giugno del 1990 e mentre l’Italia calciofila si preparava ad ospitare nei suoi stadi i mondiali di calcio, quella delle casalinghe, non ancora disperate, si sintonizzava sugli schermi di Raidue per guardare la prima puntata di quella che sarebbe diventata la soap cult della televisione italiana, Beautiful. Alla vigilia del 4 giugno del 2010 l’Italia calciofila è sempre più con la testa nel pallone in vista del Sudafrica mentre quella delle casalinghe, ora sì più disperate che mai, continua a seguire le appassionanti vicende della famiglia Forrester trasferitasi, con tutti i suoi drammi e le sue storie d’amore e di potere, su Canale 5.
Tra le due date vent’anni in cui è accaduto di tutto e di più: morti che resuscitano per morire di nuovo e resuscitare ancora, figli che crescono alla velocità della luce (ma cosa gli daranno mai da mangiare a questi americani?) e sono quasi coetanei dei loro genitori, fratelli che sono anche un po’ padri e, allo stesso tempo, un po’ cugini e cognati, matrimoni lampo che vanno via come il pane. Storie di passioni ai limiti dell’incesto proposte e riproposte fino alla nausea per una trama che, spesso e volentieri, come ogni buona soap che si rispetti, fa acqua da tutte le parti.
Ma poco importa: dal lunedì al venerdì, cascasse il mondo, oltre quattro milioni e mezzo d’italiani ad ora di pranzo rimangono inchiodati davanti al video per seguire le ultime vicende di Ridge e company e, come loro, nel mondo, sono oltre 35milioni i telespettatori appassionati dalle vicende della soap. Un vero e proprio fenomeno di costume che, pur se denigrato dalla critica e dagli pseudointellettuali (che giurano di non averne visto nemmeno una puntata ma nessuno gli crede) sembra non conoscere sosta ed è entrato, col passare del tempo, anche a far parte del nostro vocabolario quotidiano.