Articoli per [ALDO GRASSO]

29
settembre

LA SOAP OPERA DEI PALINSESTI IMPAZZITI

Non ho mai scritto un post che si limitasse a riportare pedissequamente gli scritti di qualche altro autore.

Avete presente, però, quando, leggendo un giornale, un blog o qualsiasi altra fonte di notizie condividi un articolo al punto tale da dire a Te stesso : “Ecco. Esattamente ciò che avrei scritto io“?

Aldo Grasso @ Davide Maggio .itUna sensazione grazie alla quale Ti sembra che ciò che stai leggendo sia la materializzazione dei Tuoi pensieri!

Bene! A me è capitato con l’articolo di Aldo Grasso (nella foto) che sto per riportarVi, pubblicato ieri sul Corriere della Sera.

Lungi da me il paragonare i semplici scritti di questo blog ad una penna elegante qual è quella del noto critico televisivo! Ci mancherebbe altro!

Parlo, fondamentalmente, dei contenuti, non della forma e non Vi nascondo che l’aver trovato, nell’articolo di Grasso, delle affinità di interpretazioni e di vedute con quanto ho scritto alcuni giorni fa e con ciò che penso su questa ”scostumata” questione, mi ha inorgoglito un po’! 

Oggetto di analisi è  l’ormai infinita “soap opera dei palinsesti impazziti”.

Buona Lettura 

Un sinistro scricchiolio sta allarmando i custodi del palazzo televisivo. Da dove proviene? Chi l’ha provocato? Lo scricchiolio è causato dalla follia dei palinsesti. Che ormai oscillano come trottole, mappe impazzite. Da tempo, sui giornali, l’inizio della prima serata di Canale 5 e Raiuno è segnalato alle 21. In realtà, non inizia mai prima delle 21.20.
Perché questo inganno? La seconda serata non esiste più, è slittata a mezzanotte. Gli show finiscono all’ una di notte, con buona pace di chi la mattina deve alzarsi. Un telefilm di successo come Dr. House viene brutalmente spostato causando la ribellione dei telespettatori; il programma di Bonolis va in prima serata, poi in seconda, poi viene collocato nella fascia preserale; Reality circus dal lunedì passa alla domenica, dalla domenica al mercoledì: una giostra. Le anomalie non finiscono qui, anzi paiono ben più profonde. Joe Petrosino vince ampiamente la serata di domenica 24 settembre con quasi sei milioni di spettatori, favorito dal clamoroso flop del reality di Canale 5 (3.104.000 spettatori, 16,38% di share, 5/6 punti sotto gli obiettivi della rete). Lunedì 25 Petrosino perde duecentomila spettatori e quasi il 5% di share, andando contro una logica sempre rispettata: ovvero che la seconda puntata di una fiction di successo va meglio della prima, per l’effetto valanga e per l’effetto persistenza, degli spettatori che hanno visto la prima. Ma qui entra in gioco la contro- programmazione de L’Onore e il rispetto, coi suoi 5.656.000 spettatori (22%), già accumulati nelle 4 puntate precedenti. Altri flop da palinsesto. Le quattro serate di Miss Italia, a dimostrazione di come ormai la manifestazione non sia più vissuta come evento. O l’inatteso insuccesso di Luca Barbareschi: Giorni da Leone 2, il seguito di una fiction in onda nel 2002. Allora fece il 20% di share, ma il seguito non funziona. La prima puntata (5 settembre) ha uno share di appena il 12,16 per cento, ridicolo per Raiuno. Tanto che si decide di sfilarla subito per sostituirla con una replica di Bartali.

Ma la situazione più clamorosa riguarda Paolo Bonolis. Fattore C, un format così collaudato e sperimentato da sembrare un plagio, floppa clamorosamente in prima serata: domenica 10 settembre supera il 23% di share ma la domenica successiva crolla al 17,61. Spostato nel preserale non fa di meglio, meno del 18% di share.

Programmi dislocati, orari oltraggiati, soppressioni improvvise, sforamenti abituali. Il palinsesto (dal greco palímpsèstos, «raschiato di nuovo», a significare l’originale programmazione trimestrale fatta di tanti fogli sovrapposti) è ormai inattendibile. Rispetto ai corrispettivi francesi (grille) e inglesi (schedule), il termine italiano sottolinea l’incessante lavoro di perfezionamento, ridefinizione, correzione cui è sottoposta la programmazione. Che può essere infatti continuamente rielaborata in rapporto agli obiettivi della rete (proprio come le antiche pergamene venivano continuamente corrette e riutilizzate). Ma la sensazione è che la nostra programmazione venga raschiata ogni giorno, senza sosta, da una mano insensata. Ciò che vediamo sul piccolo schermo corrisponde raramente a ciò che è riportato dalle guide ufficiali.

«Il palinsesto è matematica», sostiene Alba Parietti. Ha ragione. Ma il suo reality sa contare solo fino al 7 (di share). Gli esempi si sprecano, giusto per fornire una sismografia del terremoto in atto. Per Raiuno e Canale 5, come detto, il ritardo è cronico, e francamente anche un po’ ridicolo.

Non va molto meglio sulle altri reti, la litania dello sforamento si ripete. Il telefilm su Raidue e The Oc su Italia 1 iniziano con cinque minuti di ritardo, il film su Retequattro con quindici. Raitre è in orario, e anche La7 non sgarra. Però il programma di Giuliano Ferrara e Ritanna Armeni sfora volentieri. Nel maggio scorso ha ceduto la linea a Gad Lerner solo alle 21.43. Che non l’ha mollata prima delle 24.00. Per la disperazione di Piero Chiambretti, previsto con Markette alle 23.30. Siccome non è un caso isolato, il conduttore ha pensato di ribattezzare il suo programma Uno mattina Markette.
L’altra sera ha bevuto il calice amaro anche Bruno Vespa battuto da Enrico Mentana che aveva in studio Luciano Moggi (Moggi è la variabile impazzita del palinsesto: una volta era chiamato per rispetto adesso per alzare l’audience). Ma Vespa è stato costretto dal film di Raiuno a partire molto tardi. Da cosa dipende questa debolezza intrinseca della tv generalista, questa assurda partita a scacchi che denota mancanza di rispetto nei confronti dello spettatore? Alcuni impazzimenti sono dovuti alle logiche perverse dei palinsesti.

Il ritardo della prima serata è stato «inventato» da Striscia la notizia per fare il pieno d’ascolto. Da questo «male» ne discende un altro ancora più grosso. Per non avere concorrenza in quell’ ora topica, Mediaset è stata costretta a riportare Bonolis all’ovile, a peso d’oro. Ma Bonolis è tornato con tutto il clan di Lucio Presta (Paola Perego, Amadeus, Panicucci) imponendo alcuni programmi rivelatisi poi dei fallimenti (Amadeus è già sparito dal video).

Visto che parliamo di clan, la disarticolazione dei palinsesti dipende anche dal fatto che in troppi ci mettono le mani. Ormai personaggi come Lucio Presta, Bibi Ballandi, Lele Mora, Beppe Caschetto contano più dei direttori di rete. Non a caso a dirigere Raiuno c’è Fabrizio Del Noce, un giornalista che non si era mai occupato di programmazione. A dirigere Canale 5 ci sarà Massimo Donelli (tanti auguri!), la cui unica esperienza tv consiste nell’ aver diretto Sorrisi e canzoni (dove spesso si è lamentato dell’infedeltà dei palinsesti!). Qualcuno imputa la follia della programmazione alla crisi imprevista dei reality (difficoltà che coinvolge persino un campione d’ascolti come L’isola dei famosi) o all’esplosione del satellite, di Sky (è il caso di Lost, laserie di culto, che in onda il lunedì regala share record a Fox). Qualcun altro, più addentro, la spiega con la difficoltà delle reti ammiraglie (specie Canale 5) a raggiungere gli obbiettivi promessi agli investitori pubblicitari; di qui gli spostamenti, le protezioni, i traslochi, le cancellazioni apparentemente inspiegabili. Tutto questo mina due meccanismi su cui si fonda, o si dovrebbe fondare, il patto comunicativo della tv: l’abitudine e la fedeltà. Il pubblico è consuetudinario e affezionato ai programmi preferiti. Perché svilire così il palinsesto? Gli orari dei treni non sono sufficienti per garantire a un Paese una rete efficiente di trasporti, ma senza orario i treni non si muovono, e se si muovono creano solo caos.




8
agosto

LA GNOCCA E LO SFIGATO : DAVIDE MAGGIO RISPONDE AD ALDO GRASSO

TeleVisioni @ Davide Maggio .itLa mia critica televisiva, negli ultimi giorni, si è leggermente affievolita.

Probabilmente il caldo, il mare e la scarsa presenza, nei palinsesti estivi, di programmi che stimolino discussioni interessanti saranno state le cause di questo temporaneo black-out mentale.

Stasera, però, “facendo un giro” su TeleVisioni, il forum di critica televisiva di Aldo Grasso sul CorriereDellaSera.it, ho trovato interessanti spunti di riflessione.

Guardando questo video è come se i miei pensieri si fossero materializzati nella parole di Grasso.

Topic del Video era il reality Beauty & The Geek e oggetto della discussione erano fondamentalmente :

  • la scelta del nome da dare alla versione italiana del programma

  • l’importanza del casting per il successo del format in Italia

Sintetizzando i due punti, Aldo Grasso sostiene che la traduzione ideale del titolo del format sarebbe ”La Bella e lo Sfigato”, indicando, il termine ”geek”, proprio il ragazzo particolarmente intelligente (e quindi vincente sui libri) ma assolutamente perdente nella vita.

Relativamente al secondo punto, invece, uno dei miei critici televisivi preferiti asserisce che la scelta del cast determinerebbe il successo del reality, sottolineando, allo stesso tempo, la facilità nel reperire 7 gnocche (come Aldo Grasso stesso le definisce) e, per contro, la difficoltà nel reperire 7 ragazzi che rispecchino in toto l’idea del geek.

Mi permetto di rispondere ad Aldo Grasso.

Pur ritenendo anche io che “La Pupa e lo Sfigato” sia la migliore traduzione possibile, credo, al tempo stesso, che la scelta di Endemol non sia stata casuale ma frutto di un problema di non secondaria importanza per la produzione. La modifica, in fase di promozione, da “La Pupa e il Secchione” a “La Bella e il Cervellone” è stato, a mio avviso, sintomo di ciò che mi accingo a spiegare.

Partiamo da un dato di fatto. Come i miei lettori sapranno, sono uno di quei tantissimi ragazzi che ha inviato la propria candidatura per partecipare al reality di cui parliamo. Candidatura inviata quando, di Beauty & the Geek, si sapeva semplicemente che avrebbe rappresentato una sorta di “confronto ravvicinato” tra una gnocca e un ragazzo “particolarmente intelligente”.

E’ stata una di quelle rarissime volte in cui non ho meditato troppo sulla scelta e quasi meccanicamente ho inviato una mail a Endemol Italia con CV e due foto.

Non ho avuto nemmeno il tempo di informarmi sul format che, alcuni giorni dopo, ricevo una telefonata (della quale ho fornito un piccolo report) : ERO STATO CONVOCATO A ROMA PER UN PROVINO.

Soltanto dopo questa telefonata mi sono ritrovato a dover “fare i conti” con il geek di cui Endemol andava in cerca per questo nuovo reality della prossima stagione.

Ho, così, preso informazioni sul programma, sconosciuto ai più ma ”oggetto di analisi” di qualche mio lettore appassionato di Sky.

Arrivo alla conclusione che questo programma non fa per me e, oltre ad aver inviato una mail in cui ringraziavo ma declinavo l’”invito”, inizio a chiedermi perchè mai m’avessero contattato.

Inutile dire che quasi tutte le persone con le quali ho parlato di questa nuova “avventura” che s’affacciava all’orizzonte, hanno esordito dicendomi : “Ah, non sapevo fossi uno sfigato”, “Ma dai Davide, stai scherzando!?!”, “Che c’entri tu col geek!?!”.

Iniziano allora a balernarmi per il cervello un po’ di domande alle quali non saro’ mai in grado di dare una risposta certa ma che possono essere solo oggetto di ipotesi. 

Per non portarla alle lunghe, sono dell’opinione che la produzione abbia volutamente modificato il titolo del reality per rivolgersi, inizialmente, ad un pubblico più vasto di aspiranti geek per non correre il pericolo di una potenziale moria di concorrenti!

Mi spiego…

Se, da una parte, in Italia, c’è questa incredibile ”sindrome da reality”, è altrettanto vero che l’orgoglio, nel bel paese, viene ancor prima di questa sindrome; mi viene difficile immaginare che l’idea di essere etichettato come “SFIGATO”  possa incontrare il favore di un ragazzo che, per quanto “geek”, ha, innanzitutto, una propria dignità.

Forse è il primo caso in cui ci troviamo di fronte ad un reality che richiede un ben determinato tipo di concorrente e, proprio per questo, mai come questa volta, ritengo che il cast sia in fieri fino all’ultimo momento.

Qualora la produzione dovesse essere riuscita a bypassare il “problema” del geek/sfigato grazie al titolo “attenuato” e, dunque, essere riuscita ad “attirare” alle selezioni il vero e proprio geek, allora ci troveremo di fronte al vero Beauty & The Geek (e non escludo un’ulteriore modifica del titolo all’ultimo momento).

Se, invece, così non dovesse essere, si ripiegherà sui “cervelloni” nell’accezione più ampia che ho descritto prima.

In questa seconda ipotesi, però, avremmo a che fare con dei cervelloni che, oltre ad essere tali, avrebbero, quasi certamente, le caratteristiche tipiche del “concorrente tipo” di un reality show : sete di televisione e di successo.

Il successo, in questo caso, non sarebbe assolutamente garantito!