Qualche bicipite e pettorale impomatato in più, rvm, battibecchi e minestrone di prove infinite come in un déjà-vu amiciano. Baila, terzo atto, non si può dire che non s’impegni a volteggiare ritmicamente. Se doveva migliorarsi rispetto all’esordio ci è riuscito ma non per questo si può sostenere che convinca. Manca il contenuto, la classe. Una giuria che non dice niente di interessante ma che si divide sulle opinioni con la stessa approssimazione di un gruppo di mamme che guardano il saggio delle figlie mentre il marito fa il filmino.
Emblematico Al Bano che, tra un giudice che spicca, e solo in negativo, per un fermaglio paillettato quasi in stile governante di casata reale e un altro che riesce a indossare vestiti più sgargianti di quelli storici di Wendy Windham (record finora imbattuto), pur nelle sue sparute uscite riesce a sembrare un personaggio surreale proveniente dal mondo di Don Matteo. Un bontempone di paese degno di un dialogo con il carabiniere Frassica.
Si cerca in tutti i modi di creare la bega: i fuori onda spiattellati per far imbestialire il povero Ghedina che rimane uomo delle montagne (dalle sue pose di boscaiolo dell’esordio ai commenti che lo dipingono come un tronco ancora alla terza puntata), i video di Max Laudadio che dietro le quinte non se la spassa tanto con la partner Marcella, ma che in puntata finge di essere travolto dalla presunta sensualità-sessualità della Bella, dando corda alla retorica della giuria che dipinge ogni ancheggiata mediterranea della cantante come se fosse un accavallamento di gambe di Sharon Stone.