Monoscopio
Per qualche mese è stato “latitante”. Ma lo è stato per una giusta causa: dedicarsi anima e corpo alla seconda edizione di ‘Io Canto’. Adesso Massimo Dorati torna a deliziarci con qualche tele-riflessione. E noi, gli diamo il bentornato.
Crollo preoccupante degli ascolti, avvento del digitale terrestre, il web che avanza implacabile, un’offerta oceanica di contenuti sempre più targetizzati per tutti i gusti e i palati, tv on demand, tv satellitare, nano share che assommati cominciano a dare risultati sempre più consistenti, total audience (somma effettiva degli ascolti di un dato contenuto proposto in multiprogrammazione, in replica o su media differenti: telefonini, tv satellitare, digitale terrestre, web).
Queste sono alcune delle motivazioni che dotti massmediologi tendono a dare per giustificare la sempre più clamorosa disaffezione ed emorragia di ascolti della cosiddetta televisione generalista. Un esempio? Oggi con un 19% di share in prima serata, ai piani alti si festeggia stappando champagne e profondendo comunicati stampa che celebrano il successo, scindendolo, tra l’altro, per aree geografiche, target commerciali o anagrafici. Diciamocela tutta: sono giganteschi artifizi, clamorosi “pipponi” creati ad hoc da quella macchina da guerra che si chiama “Marketing” per giustificare ascolti deficitari che non possono non preoccupare seriamente chi, forse, aveva preso “alla leggera” un fenomeno così tsunamicamente devastante per la sopravvivenza della gallina dalle uova d’oro (la tanto celebrata televisione generalista portatrice sana di miliardi di euro di investimenti pubblicitari). E’ una visione esageratamente esasperata, ma riteniamo esserci un fondo di oggettiva verità.
Forse non tutti sanno che un punto di share equivale, sul mercato pubblicitario, a 50 milioni di euro l’anno. Capite bene che la perdita di sette, otto o addirittura di 10 punti può produrre una perdita secca di 500 milioni di euro (mica cotica!). E se tutto questo fiume di danaro finisse per essere veicolato su altre forme di media, non sarebbe un dato drammatico? Sicuramente sì! Ed aggiungiamo inoltre: se questo trend dovesse proseguire, che tipo di smottamento tellurico provocherebbe (in realtà, in qualche modo, sta già provocando)? Una catena senza fine di effetti devastanti: contenimento parossistico dei costi a scapito della qualità, budget ridotti all’osso, totale assenza di sperimentazione, tagli dei compensi a pioggia, riduzione sistematica delle risorse umane e strutturali necessarie, figure professionali destinate a perdere dignità e peso specifico (autori, orchestre, corpi di ballo, truccatori, parrucchieri) ritenute inutili e troppo costose in rapporto a queste nuove logiche di contenimento dei costi con la conseguente nascita di nuove figure professionali denominate realizzatori, videomakers, stagisti, figli di “Youtube”, “Google” e “Facebook”, giovani con contratto a progetto, iperutilizzati, con tanta buona volontà ma carenti di esperienze specifiche di “vissuto produttivo”.