Claudio Lippi non ha peli sulla lingua. Questa volta ancora meno. Intervistato a poche ore dalla finalissima di Tale e Quale Show, il giurato del venerdì sera di Rai 1 non le manda a dire. A nessuno. Una critica alla televisione ‘formattizzata’ di oggi, all’inesperienza dei giovani conduttori e al piattume dilagante sul piccolo schermo. Un fiume talmente in piena da non consentirci nemmeno una sintesi efficace nel titolo. Ne ha per tutti, da Nicola Savino a Katia Follesa, da Max Giusti a Massimiliano Ossini, da Pasquale Romano a Giancarlo Leone, da Angelo Teodoli ad Aldo Grasso, passando inevitabilmente per Valerio Scanu. Allacciate le cinture. Buona lettura.
Come va?
Bella domanda. Va bene perchè sto facendo della mia vita quello che sognavo di fare. Ci sono dei progetti dei quali non posso parlare. Ma non è la classica risposta di chi…
… non ha un cazzo da fare!
Esatto. Non posso parlarne perchè la rete mi vieta di farlo.
Quale rete?
Una delle tre della Rai, Raiuno. Ormai sono refrattario a fare cose che non condivido poichè sono decisamente in grado di scegliere il mio presente e il mio futuro. Non avrei mai fatto, ad esempio, La Papera non fa l’eco.
E’ facile, però, prendersela con Max Giusti…
Intanto Max deve fare un piccolo bilancio perchè non ne ha più azzeccata una negli ultimi due anni. Si rende disponibile pur di esserci. Non capisco perchè il lunedì su Rai 2 debba esserci il suicidio: La Papera ha anche degli elementi che potrebbero motivare una curiosità ma subito dopo c’è Quanto Manca che è un’offesa alla cerebralità delle persone. Otto autori otto, una Follesa usata male e un Savino che deve decidere anche lui cosa fare da grande.
Quest’intervista sta prendendo una piega che mi piace: dici quello che pensi e lasci da parte i ‘messaggi promozionali’.
In Italia non c’è la cultura della critica. Se pensiamo che il critico più affermato si chiama Aldo Grasso… non sempre possiamo far leva sulla costruttività. Almeno da voi lo spazio è aperto e c’è la possibilità di esprimere un parere contrario a quello di chi critica. In generale, comunque, i rapporti tra chi è davanti alle telecamere e chi è dietro sono stati cancellati a causa di una televisione tendente al piattume. Pasquale Romano, in una recente intervista, dice in buona fede una cosa gravissima, privilegiando i format stranieri ed escludendo la possibilità di dar spazio a idee originali pur avendo dimostrato di esserne capace; ma la scelta di format stranieri da adattare per l’Italia è il modo peggiore per avere un’originalità. Come mai l’Italia ai tempi degli sceneggiati li vendeva in quello che era allora un mercato e oggi, che è tutto globalizzato, non esporta più nulla?! Il sistema ha ridotto l’autore ad un adattatore. Ma poichè quando un programma è brutto chi paga più di tutti è il presentatore, prima o poi la colpa sarà di Max Giusti, se prendiamo ad esempio La Papera non fa l’eco. Stesso discorso per Katia Follesa: da sola ha una comicità molto ironica e ficcante ma in Quanto Manca ha delle battute che io mi rifiuterei di dire. Se tu per lavorare sei costretto ad accettare le battute di otto persone che magari ridono mentre le pensano ma non fanno ridere il pubblico quando vanno in onda… ti fai ammazzare.
Non mi riferisco alla Follesa, ma sino a quando si accetterà qualunque cosa pur di apparire…
E’ il gatto che si morde la coda. Pensa che si produce per 24 ore al giorno su 150 canali ma c’è ancora qualcuno che dice ’stasera non c’è nulla’. Prendi il format de La Papera: per pagarlo meno, i filmati sono quelli originali di una trasmissione che non ha fatto niente nemmeno nel suo paese d’origine così come era successo per Red or Black; era già stato fatto in Inghilterra con mezzi pazzeschi e non aveva ottenuto nessun tipo di risultato. Bisogna stare attenti a come si spendono i soldi. Puoi anche spendere poco ma devi sviluppare le idee. Abbiamo una Rai che forse è stata tra le migliori televisioni al mondo. Ora non lo è più. Ha dismesso la propria capacità produttiva all’80%. Vedi ad esempio Giannini: è stato preso un giornalista esterno per fare Ballarò ad una cifra che a Repubblica avrebbe guadagnato in 10 anni di lavoro; possibile che tra i 1.300 giornalisti interni non ce n’era uno in grado di condurre il programma?! Tra l’altro non stiamo aiutando i giovani, buttandoli allo sbaraglio: in qualunque settore, per crescere, devi avere uno che ne sa più di te, ti prenda per mano e, a piccoli passi, ti porti a crescere. Non condivido certi atteggiamenti di Pippo (Baudo, ndDM) che spara su tutto, ma in questo senso condivido il suo atteggiamento critico sull’uso che si fa della tv. Se oggi, per esempio, dai una prima serata a Nicola Savino – che ha tanta buona volontà ed è simpatico – lo vedi con l’occhio fisso che si chiede “e adesso che si fa?”. In Quelli che il Calcio ci mette tutta la passione ma nessuno gli ha detto che dev’essere se stesso; non può avere l’incubo di essere un po’ la Ventura un po’ la Cabello un po’ chi l’ha preceduto. Devi anche discutere di contenuti: in Quelli che il Calcio hanno ammazzato un’idea geniale di Beldì e non c’è più una caratteristica; avendo già perso i diritti del calcio, era stato trasformato dalla Ventura, poi ha proseguito con esiti non felicissimi la Cabello.