Cambiare idea è spesso difficile e questo Sanremo è proprio l’eccezione che conferma la regola. E’ inutile confrontarlo con i Festival dei grandi exploit e dei grandi showman: questo Festival è diverso. Come già detto ieri questa sessantesima edizione è timida, asciutta, tutto fuorchè esplosiva eppure… piace, con la benedizione dell’auditel e con la concorrenza assente ingiustificata. Una festa della musica che strizza l’occhio alle grandi manifestazioni americane ma che alla fine, più che ai Grammy, vuole assomigliare ad una festa di paese e non se ne vergogna. Non c’è da stupirsi se ad un certo punto ci si ritrova virtualmente abbracciati a canticchiare “Non ho l’età” con Miguel Bosè: Sanremo è una fede, o ci si crede oppure no, e quest’anno a quanto pare la fede e la fiducia del pubblico abbondano. Basta vallette mute, basta grandi sermoni: quest’anno è di moda il “low profile” e alla fine questa dimensione rassicurante, va bene un po’ a tutti.
Non c’è una canzone che brilla per innovatività, non c’è la super star del momento, non c’è un punto di forza unico: funziona il meccanismo nel suo complesso e tanto basta, nonostante le molte scelte avventate. In tutto questo non si può non menzionare la conduttrice, salvatrice (a sorpresa) della patria. Un simpatico mix tra una casalinga di Voghera che prova a vestirsi come Raffaella Carrà e una rassicurante anchorwoman, ospitale e cordiale nella propria professionalità. Cammina sui tacchi con la stessa nonchalance di un cammello su un iceberg, ha i seni che a momenti prendono il volo e in più saluta il padre in platea chiedendo “Come sto andando?”: insomma poca etichetta e tanta serenità e alla fine è innegabile che diventa proprio la Clerici la vera vincitrice della kermesse.
Anche la terza serata è trascorsa nel segno della musica e della caciarona italianità. Elisa, Carmen Consoli, Fiorella Mannoia, Bosè, Bennato, Coccciante, Renga e poi standing ovation per Massimo Ranieri e Nilla Pizzi “regina del Festival”, tutti insieme per celebrare la leggenda di Sanremo ed eseguire molti (forse troppi) dei brani più significativi della tradizione canora italiana. Ciascuno rigorosamente in promozione di qualche cd/concerto/spettacolo, i grandi nomi della musica (che si guardano bene dall’andare a Sanremo in gara) hanno regalato nel complesso bei momenti di musica e televisione, pur costringendo la povera Antonella al primo “sforo” di quest’edizione (ritardo di 55 minuti).
Abbondantemente reclusa ai margini della serata, non è mancata la gara che in ora tarda ha consegnato ulteriori verdetti. I big “ripescabili” (Scanu, Cutugno, Sonohra, D’Angelo e Pupo/Emanuele Filiberto) si sono cimentati in duetti illustri, ma a salvarsi alla fine sono stati solo Valerio Scanu (con Alessandra Amoroso) e, tra i fischi del pubblico, il duo Pupo/Emanuele Filiberto. Della “Nuova Generazione” sbarcano invece alla finalissima di stasera la quindicenne Jessica Brando e Tony Maiello. Nota di colore, infine, in chiusura di puntata quando sul jingle conclusivo, il direttore d’orchestra inizia a buttare gli spartiti per aria e a strapparsi la giacca dorata: sarà stato il pensiero di dover vedere di nuovo Emanuele Filiberto cantare?
LA GARA
“Ammmmore mmio stringimmi forte le mmmmani”: la gara dei ripescati comincia a spron battuto con Toto Cutugno, ma soprattutto con l’accento incerto e il vestito scollato di Belen Rodriguez. Gli spettatori probabilmente resettavano la canzone già durante l’ascolto, ma perché rinunciare al piacere di vedere sul palco la showgirl del momento? Bravo Toto: brano dimenticabile e anche qualche bella “stecca”, ma ottima operazione di marketing. Si prosegue con i patriottici Pupo e Emanuele Filiberto (in duetto con le “Divas”) e sulla canzone meglio non dilungarsi.
Velocemente si arriva al terzo duetto interamente targato “Amici”: canzone di Pierdavide Carone, Valerio Scanu al microfono e Alessandra Amoroso come spalla. Tralasciando la pettinatura “a spina di pesce”, la presenza dell’Amoroso riempie la banale “Per tutte le volte che” e il brano sicuramente ne giova, rendendo praticamente scontato (sin dalla prima nota) il ripescaggio del giovane cantante sardo. A seguire i Sonohra insieme a Dodi Battaglia (dei Pooh) ritornano sul luogo del delitto e ri-propinano la loro “Baby”. Concludono il quintetto Nino D’angelo e Maria Nazionale (con Ambrogio Sparagna e le “Voci del sud”) e la verace “Jammo jà”: un tripudio di napoletanità arabeggiante, che ha sicuramente il merito di presentarsi come vero progetto alternativo alla classica musica sanremese. Veloci, variegate, incisive: livello musicale contestabile, ma sicuramente interessanti e godibili le performance degli esclusi delle prime due sere.
Il pubblico televotante (per tutta la serata), in combutta con l’orchestra del Festival, alla fine salva secondo copione Valerio Scanu e, spiazzando tutti i pronostici, ripesca i patriottici “Raccomandati”.
I cinque della “Nuova Generazione” sbarcano invece sull’Ariston solo alle ore 00.17 e proprio l’ora tarda vieta alla quindicenne Jessica Brando di andare in onda dal vivo. Tra i fischi del pubblico viene mostrato il video delle prove di “Dove non ci sono ore” e a questa segue Nicolas Bonazzi con “Dirsi che è normale”, tipico lento da riviera ligure. Non c’è molto tempo per i convenevoli e anche il televoto per questi giovani artisti è di fatto ridotto all’osso, a tutto svantaggio dell’obiettività e dell’intenzione di dare importanza alle nuove leve. Si susseguono in velocità: La fame di Camilla (“Buio e Luce” è davvero un brano originale), Tony Maiello (pupillo di Mara Maionchi, convincente con la sua “Il linguaggio della resa”) e Romeus.
A passare il turno proprio l’ologramma di Jessica Brando e il reduce di X Factor Tony Maiello.
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1. Mari 611 ha scritto:
19 febbraio 2010 alle 14:43