“Più vicino per favore. Più vicino” chiedeva un magnetico Anthony Hopkins a una giovanissima Jodie Foster al di là di una lastra di vetro spessa e blindata ne Il silenzio degli innocenti. Ora, di quello sguardo ipnotico e di quella voce calda e rassicurante è rimasto solo il nome: Hannibal Lecter. Lo psicoterapeuta forense impersonato da Mads Mikkelsen nell’omonima serie in onda su Italia1 ha un non so che di artefatto, di dandy ottocentesco. Ma i suoi occhi languidi e la sua calma imperturbabile ne fanno, comunque, un personaggio interessante e misterioso, ma andiamo per ordine.
Un detective dalle stesse doti preveggenti di Allison Dubois che entra nelle mente degli assassini per ricostruirne i movimenti perdendo inesorabilmente il contatto con la realtà. Uno psichiatra freddo e impassibile con la passione per il cannibalismo pronto ad aiutarlo e la risoluzione dei casi di omicidio più disparati. Gli ingredienti per una serie di successo ci sono tutti, senza contare le inquadrature finemente realizzate, i sapienti giochi di luci ed ombre ed effetti speciali più credibili del Veritaserum di Severus Piton. Eppure, sembra che in questo piatto gustoso e abilmente confezionato manchi qualcosa. Il ritmo, alquanto calante e sottotono, stenta a decollare, così come lo stesso Lecter, a volte troppo ingessato e poco mefistofelico.
Certo, bisogna dire che alcune scene, come la cottura in padella di un polmone alla Hannibal e il ritrovamento di una masnada di corpi ricoperti da funghi selvatici, potrebbero spingerci a rigettare la bistecca ai ferri trangugiata a cena pochi istanti prima, ma poco importa. Il turbamento psicologico di Will Graham, interpretato da uno straordinario Hugh Dancy, è palpabile fin dai primissimi fotogrammi dell’episodio pilota, mentre la presenza rassicurante di Laurence Fishburne, il Raymond Langston di CSI, mette lo spettatore a proprio agio anche in presenza delle scene più cruente. Possibile che la nota stonata di questo prodotto sia proprio colui che dà il nome alla serie?