Il suo volto è inequivocabilmente legato a Il Commissario Montalbano, il personaggio nato dalla penna di Andrea Camilleri, ma nel corso della sua carriera Luca Zingaretti ha avuto modo di calarsi con successo nei panni di uomini realmente esistiti come Giorgio Perlasca e Paolo Borsellino. Due figure importanti del secolo scorso, neppure troppo distanti per indole dall’imprenditore Adriano Olivetti, al quale l’attore dà il volto nella miniserie Adriano Olivetti – La Forza di un Sogno, in onda questa sera e domani in prima serata su Rai1. E’ lo stesso Zingaretti a sottolineare, nel corso della conferenza stampa, come questi personaggi siano stati in qualche modo accomunati da una forma di isolamento, un vuoto che si viene a creare intorno a figure “scomode”.
“L’unica cosa che non si perdona in Italia è il successo, si tende a livellare tutto, il nostro è un Paese che isola, un termine usato spesso per esempio per le vittime della mafia. Le persone che vogliono dare uno strappo sono lasciate sole”
Anche Adriano Olivetti era un uomo di successo, un industriale che portò nel secondo dopoguerra, l’azienda italiana delle macchine da scrivere ad essere una delle più moderne e competitive anche in ambito internazionale. Un imprenditore capace di far convivere le esigenze del mercato con quelle dell’individuo e della comunità, il primo all’epoca ad intendere il rapporto imprenditore – lavoratore in modo diverso.
Il biopic, una coproduzione Rai Fiction e Casanova Multimedia con la collaborazione della Fondazione Adriano Olivetti, inizia, come abitudine di molte fiction Rai, dalla fine. È il 1960, il calcolatore elettronico a transistor prodotto dalla Olivetti, il primo al mondo, sta per entrare in produzione e si prepara a sbarcare sui mercati americani. Adriano Olivetti è nel pieno della sua straordinaria avventura imprenditoriale. Ma la mattina del 27 febbraio questa avventura si arresta bruscamente: Adriano sale su un treno diretto in Svizzera e muore di infarto. Da qui parte come un flashback tutta la storia dell’uomo che costruì il primo computer al mondo (grazie anche all’intuizione e al lavoro del figlio Roberto) e che non smise mai di sognare un futuro diverso per il suo Paese e un’industria al servizio della comunità.