Crisi



9
maggio

PERCHE’ A MEDIASET SONO COSI’ LIBERI CON I BONOLIS E I POMERIGGI E CON I TELEFILM SONO MORALISTI? AL TELEFILM FESTIVAL SI DISCUTE DELLA CRISI DEI TELEFILM SULLE GENERALISTE

Telefilm Festival - Buscaglia-Freccero-Grasso-Leonardi

E’ già finita la Golden Age dei telefilm in Italia? Se lo chiedevano ieri Giorgio Buscaglia (Responsabile Programmazione Cinema e Fiction RaiDue), Laura Corbetta (Amministratore Delegato YAM112003), Carlo Freccero (Direttore Rai4), Marco Leonardi (Direttore contenuti Mediaset Premium), Carlo Panzeri (Vice Direttore Rete4), Alberto Rossini (Direttore editoriale Canali televisivi – Digicast spa), Fabrizio Salini (Vice Presidente Fox Channels Italy) e Luca Tiraboschi (Direttore Italia 1), ospiti del dibattito moderato da Aldo Grasso nel corso del Telefilm Festival. Alla base della domanda gli ascolti in calo della produzione telefilmica sulla tv generalista, passati dall’11.09% di share di due anni fa all’attuale 9.81%. La kermesse ha provato ad analizzare, con l’aiuto del CERTA (Centro di Ricerca sulla Televisione e gli Audiovisivi dell’Università Cattolica di Milano), le ragioni che hanno determinato la flessione negli ascolti. Un calo generalizzato che, però, come la ricerca ha evidenziato, non ha colpito il genere procedural.

A tal proposito, Giorgio Buscaglia non può che ammettere il buon funzionamento dei polizeschi, frutto altresì del lavoro di Cbs che ha deciso di puntare sul genere riscuotendo notevoli successi. “I polizieschi – continua Buscaglia – si concludono in una puntata; il pubblico non ne può più ed è difficile far capire che la serie continua. Lost su Raidue ha perso audience dalla prima puntata della seconda stagione cioè da quando si è scoperto che c’era una botola”. Alle affermazioni di Buscaglia fanno eco quelle di Fabrizio Salini, convinto che il procedural sia un genere capace di catturare più pubblico; ciò malgrado nel caso di Fox e della sua molteplice offerta il problema della supremazia di un genere non si pone. Sullo stesso argomento, Freccero ritiene che il procedural sia un genere da sempre radicato nei gusti del pubblico: “credo che ci sia un consumo stabile della tv generalista di alcuni generi. Tutti questi telefilm della Cbs hanno preso il posto di Derrick”. Chiamato a rispondere, invece, sulla crisi dei telefilm in generale, il guru di Rai4 parla di mancanza di editorialità delle generaliste e, lanciando una frecciatina a Tiraboschi, aggiunge: “Chi vede il telefilm nella generalista è un disgraziato, perchè glielo spostano continuamente. Rabbrividisco con Dr. House, prima su Italia 1, poi su Canale 5, poi ancora su Italia 1. Dicono che ci sia il coordinamento palinsesti, e chi fa tv sa che chi ci lavora è gente che non fa nulla”.

Non coglie la provocazione, però, il direttore di Italia 1 che si limita ad individuare le tre cause alla base della crisi. Queste sono individuabili nel mutuato scenario competitivo (“una volta Italia 1 era la matrice da cui uscivano le grandi serie televisive, oggi i telefilm sono trasmessi da tutti”), nell’usura del prodotto e nel download (“alle generaliste il prodotto arriva per ultimo; inoltre la differenza tra un successo di una serie e l’insuccesso è di circa 400 mila telespettatori, gli stessi - pressapoco – che seguono il telefilm sulle altre piattaforme”) e nella sceneggiatura (“negli ultimi anni non ho visto niente di forte, solo scimmiottamenti”).




2
ottobre

C’ERANO UNA VOLTA I TELESPETTATORI!

Simpson @ Davide Maggio .it

Sino a non molti anni fa, quando si parlava di sfide televisive, ci si doveva confrontare con una “platea catodica” di milioni e milioni di telespettatori.

Il sabato sera era la giornata in cui le ammiraglie dei due principali poli televisivi sfoderavano le loro armi più potenti per offrire al pubblico dei grandi show che sarebbero facilmente rimasti nella memoria televisiva del nostro paese. Si puntava, in poche parole, a far spettacolo e a farlo la S maiuscola! 

E l’attenzione non era nemmeno così ossessionatamente rivolta al risultato finale, in termini di audience, poichè veniva privilegiata la qualità e la soddisfazione dell’esigente telespettatore del prime time del sabato. 

Quel pubblico, però, sembra non esserci più

Viene da sorridere a parlare di vittoria o di sconfitta quando oggetto della sfida sono due programmi come il Treno dei Desideri e C’è Posta per Te : si riesce a vincere una serata con poco più di 4 milioni di telespettatori.

Un risultato che, senza spingerci troppo indietro negli anni, avrebbe fatto sorridere, anzi… ridere!

Probabilmente anche per questo motivo è cambiato il modo di “leggere” i dati Auditel : non si guardano più i “milioni di telespettatori” ma si guarda lo share, unico dato che anche in presenza di 4 gatti darà sempre come somma 100!

Il bello è che ci perde con affanno in “scorporamenti” di anteprime o fasce pre-tg per raccattare qualche migliaio di telespettatori in più che possa accrescere il dato medio d’ascolto di un programma.

Ci si potrebbe nascondere dietro facili affermazioni come “i tempi per la tv sono cambiati” oppure pensare che la teoria RICCIana, secondo la quale la gente normale il sabato e la domenica esce, debba ormai essere estesa a tutta la settimana o, ancora, si potrebbe dar ragione a chi vuol vedere nel satellite l’avversario più temibile per la tv generalista.

A parte la banalità della prima e l’impossibilità della seconda affermazione, il satellite forse rappresenta meglio di tutti l’effetto (in realtà molto più circostanziato di quanto si voglia credere) di un malessere diffuso del telespettatore “generalista” che cerca con la parabola una… “televisione migliore”.

Ma attenzione, parlo di effetto, circostanziato tra l’altro, e non di minaccia. Gli ascolti delle emittenti satellitari in molti casi sfiorano il ridicolo (pensate che Auditel, in casi tutt’altro che singolari, rileva per alcuni programmi Sky ascolti pari a 0 ascoltatori) e nutro seri dubbi sulla pericolosità mediatica di “Murdoch & Co”.

Ciò che, in realtà, non deve essere trascurato è l’atteggiamento con cui ci si pone nei confronti del satellite, soprattutto da parte di chi la parabola non ce l’ha.

Un atteggiamento speranzoso di chi, non riuscendo a “soddisfarsi” sulla tv generalista, vede nelle produzioni d’oltreoceano l’ultima spiaggia.

Un desiderio di “migrazione satellitare”, dunque, non dettato dalla voglia di accaparrarsi un’offerta televisiva diversificata e più ampia ma dalla voglia di abbandonare la televisione di “tutti i giorni” che non stimola più. 

Il vero problema risiede, quindi, nella crisi della tv generalista.

Un televisione incapace di produrre contenuti originali, succube dei format stranieri preconfezionati e tutta rivolta alla “lacrima facile” o a “raffinatezze” degne del peggiore dei bordelli. Una TV con un unico obiettivo : la vittoria a tutti i costi, anche a costo di far terminare un prime time all’una di notte quando una televisione “normale” farebbe partire la terza serata.

E i risultati sono sotto gli occhi di tutti. Ascolti risicati e programmi dei quali, per dirla con Paolo Martini, la mattina dopo al bar non ne parla nessuno.

Badate bene, questo discorso non reggerebbe se non ci fosse almeno un programma a ricordare i “tempi andati”. Ma questo programma c’è ed è forse l’unico che riesce a tenere incollati davanti al video quei “milioni e milioni di telespettatori” di cui si parlava in apertura di post. Sintomo, questo, che il pubblico c’è ed è disposto a rimanere con i piedi per “terra” quando ne vale la pena.

Non rappresenta a mio parere l’optimum da un punto di vista televisivo ma ha dalla sua parte :

  1. una produzione tutta italiana;
  2. l’assenza di trash;
  3. le risate al posto delle lacrime;
  4. un’utilità sociale;

il tutto “condito” da uno studio tra i più piccoli “in circolazione”, due conduttori simpatici ed affiatati, due bellezze mozzafiato e una lunga scrivania.

Questi sono i semplici ingredienti di Striscia la Notizia che, con oltre 8 milioni di telespettatori e uno share superiore al 30%, rappresenta l’unico bagliore e una delle poche testimonianze di vitalità della TV italiana e dei suoi telespettatori.