5
novembre

MASSIMO BERNARDINI A DM: “E’ UN’ANOMALIA CHE ALCUNI GIORNALISTI DIRIGANO LE RETI. NON SANNO NULLA DI PROGRAMMI E SONO MICROFONI DEL POTERE”

Massimo Bernardini

Giornalista, discografico, conduttore televisivo e persino componente di un gruppo musicale. Massimo Bernardini nella sua carriera ha spaziato in tutti i campi sino a prendere in mano le redini di un programma che noi telemaniaci non possiamo trascurare: Tv Talk, piccolo gioiellino per intenditori, prodotto da RaiEdu e trasmesso da Rai 3. Non poteva non venirci a trovare su davidemaggio.it per una delle nostre “chiacchierate” in cui a farla da padrona ci sono state una schiettezza e una sincerità alle quali non può che andare il nostro plauso.

Dottor Bernardini, ho una curiosità impellente. Quest’anno ha cambiato look, non mi dica che è diventato vanitoso…

Andando in onda al pomeriggio, hanno deciso sulla mia testa e mi hanno imposto le maniche arrotolate (sorride, ndDM). Sono uno che non ha nessuna idea sul proprio look e mi limito a giacca (grigia o blu), camicia (possibilmente azzurra) e cravatta. E’ questo il mio unico orizzonte possibile.  Quando vado a comprare i calzoni mi viene l’angoscia al sol pensiero di doverli provare una seconda volta.

Se dovesse inviare un suo CV domani, come si qualificherebbe?

In una maniera semplicissima, scrivendo ciò che faccio da tanti anni: il giornalista. Non mi definisco e non mi sento altro.

Che ne pensa del massiccio “utilizzo” dei giornalisti in televisione?

Credo che ci sia qualcosa di inquinato, in questo momento, nell’uso dei giornalisti. Lo dico senza puntare il dito contro nessuno, ma non trovo che sia una grande idea far dirigere le reti televisive ai giornalisti.

Perchè?

Perchè non sanno nulla di programmi, ancorchè si tratti di giornalisti televisivi o radiofonici (come era nel caso di Ruffini). Si continuano, dunque, a scegliere delle figure bravissime ma che hanno bisogno di un lungo apprendistato prima di arrivare ad una propria politica di rete. Poi sono quasi sempre dei microfoni del potere. E’ un’anomalia del sistema.

Così come è un’anomalia del sistema il fatto che Carlo Freccero sia relegato a dirigere una rete come Rai4?

Ma ce ne sono almeno tre: aggiungerei a Freccero, Saccà e Minoli. Sono dei televisivi puri: due hanno finito la propria carriera in Rai, l’altro c’è ancora ma è sottoutilizzato come lo erano gli altri due.

Quali sono secondo lei i maggiori intenditori di tv che abbiamo sul mercato?

Sicuramente le rifarei i nome di Freccero e Saccà, che sulla fiction resta uno dei nomi con maggiore know-how. Aggiungerei Giorgio Gori che appartiene alla prima generazione dei direttori Mediaset che aveva imparato dall’intuizione un po’ selvaggia ma geniale di Berlusconi.

Lei ha anche dei trascorsi nel mondo della discografia…

Quando ero giovane volevo fare il musicista. Tra la fine degli anni ‘70 e la metà degli anni ‘80 mi è capitato di lavorare in un gruppo musicale facendo un disco, distribuito tra l’altro dalla Poligram, e successivamente di fare l’arrangiatore per altre due esperienze discografiche e il produttore per due altri dischi.

E il passaggio alla televisione com’è avvenuto?

E’ “colpa” dell’incontro con Minoli. Come caporedattore degli spettacoli dell’Avvenire mettevo in pagina tutto ciò che avveniva in televisione, capendone sempre di più. L’incontro con Minoli mi ha fatto venir voglia di fare alcuni tentativi e ho fatto un po’ di esperienza per Rai1 e Canale5 fino a quando ho preso l’aspettativa dal giornale per realizzare una serie per Rai1: Radici e Tradimenti, andata in onda tra il 1999 e il 2000. Dopo quest’esperienza sono tornato alla mia funzione di capopagina ma la situazione cambiò ben presto perchè mi resi conto che quell’esperienza si era in quale modo conclusa. Arrivò quindi una proposta da Sat2000, dove realizzammo il Grande Talk. L’anno successivo Minoli tornò in Rai come direttore di RaiEdu, cominciò quest’alleanza tra Sat2000 e RaiEdu per il Grande Talk e quando Sat2000 decise di romperla, non trovandomi d’accordo, abbiamo realizzato Tv Talk mollando definitivamente il gruppo Sat2000, CEI, Avvenire a cui devo peraltro una grande esperienza professionale.

Rimpiange quell’esperienza?

Era una sinergia tra giornale, tv e radio nella quale credevo tanto, ma devo confessare che è stata molto al di sotto delle aspettative che avevo a causa della miopia di noi giornalisti dell’Avvenire che non abbiamo capito che era una grandissima occasione professionale. Ognuno ha cominciato a guardare al proprio orticello e si è persa una enorme occasione.

C’è un filo conduttore nella sua carriera. Quanto conta il suo “essere religioso”?

Sono un credente e credo di accostarmi a tutto ciò che faccio in questa chiave.

Passiamo a TV Talk. E’ soddisfatto della promozione?

No. Credo che meriteremmo molto più lavoro promozionale ma purtroppo mi sento poco sostenuto dalla nostra rete, forse perchè non ha ancora un direttore vero e proprio. Mi sto affacciando in altri programmi proprio per questo. Mi sono sentito sostenuto, invce, da Antonio Marano che ha scelto di metterci al sabato pomeriggio.

E’ riuscito ad essere ospitato addirittura dalla concorrenza (Pomeriggio Cinque, ndDM)…

Si, da Barbara D’urso che è stata gentilissima ad ospitarmi. Purtroppo abbiamo avuto un grosso bisogno, dopo nove anni, di dire che cambiavamo collocazione e l’ufficio stampa della mia rete non ci ha aiutati minimamente. E’ vero che siamo un piccolo programma, però facciamo dei risultati interessanti.

Il segreto qual è?

La nostra squadra, a partire dal capoprogetto Orsini, per arrivare al quartetto di autori di cui faccio parte insieme a Erika Brenna, Sebastiano Pucciarelli e Furio Andreotti, passando per Cinzia Bancone, che collabora anche con voi, e Silvia Motta che si occupa di dati auditel. Tutta la squadra di Tv Talk è fatta da persone che danno il massimo.

Con il pensionamento di Minoli, personalità forte, pensa che il suo programma abbia più libertà?

Minoli, quando abbiamo cominciato questa collaborazione al secondo anno del Grande Talk, è stato preziosissimo nel far crescere il programma. Se devo essere sincero, negli ultimi anni quella che era la sua ricchezza è stata la sua zavorra. Concepiva il programma come uno strumento per la rete  (RaiEdu).

In che senso?

Nel senso che tutto ciò che produceva RaiEdu doveva essere lanciato e valorizzato. Secondo me questo è diventato sul lungo periodo anche un limite. Però non posso non riconoscere che la mia conduzione, la formula del programma e un certo tipo di stile, oltre alla credibilità che abbiamo mantenuto nel tempo, non ci sarebbero state senza Minoli. Poi uno però deve camminare con le proprie gambe.

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13 Commenti dei lettori »

1. Antonello De Marco ha scritto:

5 novembre 2010 alle 17:47

Modestamente io sarei un ottimo direttore di rete. 8)
XD



2. AnTo ha scritto:

5 novembre 2010 alle 18:05

Non si può dire che abbia peli sulla lingua!



3. Phaeton ha scritto:

5 novembre 2010 alle 19:04

Anche io come Antonello credo che potrei essere un ottimo direttore di rete ed un ottimo autore. Non so quale fra le due categoria sia più incompetente! I primi sicuramente ci mettono del loro, ma i secondi non cercano di far nulla per sistemare i programmi. TV Talk è fantastico per noi amanti di TV….ma credo che un’altra promozione sarebbe un po difficile.

Davide ma oggi non era il giorno del grande boom?



4. lauretta ha scritto:

5 novembre 2010 alle 19:12

vabbè ha detto quello che pensa…



5. Peppe93 ha scritto:

5 novembre 2010 alle 19:24

Il programma di Bernardini sarebbe bello versione day time



6. nanà ha scritto:

5 novembre 2010 alle 20:26

Mi trovo d’accordo con Peppe93. Mi piace Tv Talk e anche se per tanti concetti sono praticamente “digiuna” mi appassiona seguirlo, anche perché sono bravi loro a coinvolgere il telespettatore. Tv Talk e DM oramai sono appuntamenti fissi.



7. Tommi ha scritto:

5 novembre 2010 alle 20:58

Tutti noi potremo essere direttori di rete (se potessi decidere quale rete sceglierei Rai2), comunque sono d’accordo con Bernardini, non si può mettere un giornalista a dirigere una rete (a meno che non si occupi di televisione come Aldo Grasso), loro seguiranno la linea editoriale che ha tracciato il loro predecessore vedesi Mauro Mazza a Rai1 e Antonio di Bella a Rai3 (fino a giugno 2010)



8. XxGiOsInOxX ha scritto:

5 novembre 2010 alle 21:35

GRANDE MASSIMO!!! Infatti DONELLI è un giornalista!!!!!!



9. white ha scritto:

5 novembre 2010 alle 21:35

w tv taaalk



10. XxGiOsInOxX ha scritto:

5 novembre 2010 alle 21:37

Infatti al mattino BERNARDINI otteneva anche il 9%!



11. Giovanni ha scritto:

5 novembre 2010 alle 22:30

Bellissimo programma lo segue sempre.



12. Daniele Pasquini ha scritto:

5 novembre 2010 alle 22:49

L’ultima domanda è una bomba. A buon intenditor…



13. STE ha scritto:

6 novembre 2010 alle 13:01

Non mi piace bernardini.
Pur impegnandosi durante il programma, rimane spocchioso e geloso del suo piedistallo da conduttore (infatti lascia dieci nanosecondi di replica ad ospiti o esperti. Non sia mai che qualche vile gli rubi le redini della situazione).

All’inizio dell’intervista ha detto una frase in contraddizione con quello che la sua testa realmente pensa.
Ecco la frase incriminata: (…) “non trovo sia una grande idea far dirigere le reti televisive ai giornalisti. (…) ancorchè si tratti di giornalisti televisivi o radiofonici (come era nel caso di Ruffini). Si continuano, dunque, a scegliere delle figure bravissime ma che hanno bisogno di un lungo apprendistato prima di arrivare ad una propria politica di rete”.

Ecco la frase che avrebbe voluto dire: “Io sarei un ottimo direttore di rete, mi ritengo sì un giornalista ma ‘prestato’ alla televisione da anni. Chi meglio di me, con un lungo apprendistato alle spalle, potrebbe dirigere una rete tv?”

Ehhh bernardini. non mi freghi.

p.s. sacrilegio! si è dimenticato di nominare la “gne-gne” sempre di fianco al “barbuto sapientone”!!! forse la ragazza non è apprezzata abbastanza. poveriiiina…



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