Neanche il tempo di archiviare Berlusconi che già qualcuno ne intravede un sosia all’orizzonte. Per di più orientato a sinistra: che incubo. La decisione di Giorgio Gori di “scendere in campo” a sostegno di Matteo Renzi ha gettato scompiglio nel mondo della politica e in quello del giornalismo. All’indomani della convention programmatica tenuta dal sindaco di Firenze alla Leopolda, Marco Travaglio ha sparato un editoriale critico nei confronti del rottamatore del Pd e soprattutto del suo consigliere Gori. Secondo il vicedirettore del Fatto Quotidiano, quest’ultimo avrebbe una colpa imperdonabile: quella di essere stato un “ex berluschino”, che nel linguaggio travagliesco vuol dire un ex collaboratore del Cavaliere.
La storia del capo di Magnolia ora convertitosi alla politica, infatti, si intreccia con quella di Silvio Berlusconi, che nel 1989 (a 29 anni) lo nominò capo dei palinsesti di tutte e tre le reti Fininvest. Figurarsi, una simile biografia non poteva che attizzare la verve polemica di Marco Travaglio, che sul Fatto Quotidiano ha connotato politicamente l’intera carriera dell’ex produttore televisivo nato e cresciuto all’ombra del Biscione.
“Nel ‘94, mentre B. entra in politica cacciando subito Montanelli dal Giornale, è lui il comandante della portaerei Fininvest che in tre mesi lancia Forza Italia nel firmamento della telepolitica (ricordate gli spottini di Mike, Vianello, Zanicchi & C.?) e fa vincere le elezioni al padrone. Ed è ancora lui a mettere la sua faccina efebica e la sua firma su programmi-manganello come Sgarbi quotidiani e Fatti e Misfatti di Liguori, specializzati nel killeraggio dei “nemici” del padrone (…) Ora, al fianco di Renzi, Gori dice di voler liberare la Rai dai partiti…”
A stretto giro, l’ex responsabile di Magnolia ha replicato a Travaglio spiegando che negli anni in cui egli avrebbe fatto “il berluschino” da Fininvest passarono pure Michele Santoro e Daniele Luttazzi.
In riferimento a Mediaset, Gori ha poi proseguito: “Me ne sono andato e non mi sono state date possibilità di collaborazione nei successivi anni di Magnolia (fanno eccezione la produzione Camera Cafè e un paio di fiction), a parere di molti proprio perché non particolarmente gradito alla casa“
Da una parte non si capisce perché l’ex produttore televisivo sembri voler ridimensionare i suoi trascorsi alle dipendenze del Cavaliere. Dall’altra, tuttavia, lo stesso Gori pare abbia ragione quando spiega che ultimamente non era particolarmente gradito alla casa del Biscione.
Palinsesti alla mano, infatti, la Magnolia dell’astutissimo Giorgio ha prodotto più programmi per Rai e Sky, mentre a Mediaset ha realizzato soprattutto fiction. Non troverebbe quindi riscontro il concetto di conflitto d’interessi televisivo teorizzato da Travaglio come una sorta di simbolo del collaborazionismo che legherebbe le tv del Cavaliere a quel promettente para-Gori di Matteo Renzi.
Piuttosto, bisogna chiedersi se in un futuro prossimo la sinistra intenderà utilizzare le competenze televisive di Gori come un Cavallo di Troia per allungare le proprie mani sulla tv pubblica e sulle sue produzioni, come qualche maligno ha bisbigliato. Allora altro che “Rai libera dai partiti”, come hanno detto Renzi e l’ex capo di Magnolia alla Leopolda.
L’impressione è che forse il conflitto d’interessi non se ne andrà in pensione con Berlusconi.
1. MisterGrr ha scritto:
7 novembre 2011 alle 19:20