Se da anni la generalista è sotto il fuoco incrociato per la scarsa capacità di innovarsi, altrove, fronte Sky, non sembra andare meglio. Anzi, peggio: suona come un’aggravante, infatti, la natura pay della piattaforma che la porta ad essere meno legata agli ascolti, considerati sic et simpliciter.
L’intrattenimento di Sky si presenta al ventesimo compleanno in cattiva salute ma di certo privo di spinta propulsiva. E’ da tempo ormai che si arrocca sugli stessi temi, apre un filone e lo cavalca eternamente senza considerare gli acquisti dalla vecchia generalista. In principio fu X Factor (qui la giuria in cui la “novità” è Morgan!), che rappresentò però una svolta per l’assoluta novità dell’operazione, poi sono arrivati – senza raggiungere le stesse vette – Italia’s got talent e Pechino Express. Al grande successo di Masterchef è seguita una overdose di cooking show con vari spin off del talent e programmi come Hell’s Kitchen e Antonino Chef Academy, andati poi esaurendosi. Lo stesso dicasi per Quattro Ristoranti, intuizione brillante che poi ha dato vita a Quattro Hotel, e a un incessante catena di repliche. Il programma di Alessandro Borghese ha probabilmente contribuito al ripescaggio di Quattro Matrimoni, in precedenza trasmesso da Fox Life (come Cucine da Incubo, altro titolo che Sky si è ripresa dopo una messa in onda sul Nove). Anche Pechino Express ha aperto un filone, quello travel sperimentato già due volte, in meno di un anno, con Quelle Brave Ragazze e, per quanto riguarda Tv8, Viaggi Pazzeschi. A proposito del canale free, si segnalano tra gli original di prima serata più fortunati: Name the Tune, riedizione di Sarabanda in stile Furore, e GialappaShow, operazione fortunata ma pur sempre relativa a un programma della Italia1 degli anni 90/2000.
Ciò è la dimostrazione di quanto sia difficile innovare e di come le realtà più piccole abbiano bisogno di aggrapparsi a qualcosa di conosciuto e consolidato per spingere il pubblico ad andare oltre il tasto 6. La tanto vituperata “superiorità” del proprio pubblico o dei propri prodotti (se non c’è un superlativo nella descrizione non è un programma Sky!), è qualcosa che in concreto e nel complesso non esiste. La domanda che teme il nuovo alimenta la scarsa propensione al rischio ma non la giustifica totalmente: Sky nasce pioniera e ha bisogno di volani per attivare la comunicazione necessaria ad attrarre e fidelizzare abbonati. Anche perchè, se spostiamo il focus ad un contesto macro che non riguarda solo l’intrattenimento, l’avvento di nuovi entranti rampanti à la Netflix ha di colpo invecchiato e sbiadito Sky (già provata dall’assenza della Serie A).
Sul fronte fiction si è osato di più, impiegando pure maestosi budget, ma nessun titolo ha sfondato davvero il muro; tra sonori flop, titoli senza mordente o altri che hanno raggiunto l’obiettivo, siamo ben lontani dal successo fragoroso di Gomorra, che andava sì a pescare in un universo noto ma di sicuro alzava l’asticella (almeno con le prime stagioni). Ed era il 2014: il pubblico era disabituato a vedere le serie on demand o ad un racconto meno edulcorato!
Se Atene piange, Sparta non ride.
1. john2207 ha scritto:
1 giugno 2023 alle 16:58