Avete presente quei meme che scherzano sugli acquisti on line mostrando un oggetto com’era quando lo hai scelto sul sito e com’è diverso in realtà quando ti arriva a casa? Ecco. La Fortuna, miniserie di Rai 1 di cui è andata in onda ieri sera la prima puntata e di cui questa sera sarà trasmesso l’epilogo, lascia una sensazione simile: cominci vedendo un’intrigante serie americana in salsa spy con Stanley Tucci e poi all’improvviso ti trovi catapultato nelle atmosfere di Velvet e Una Vita, restando sconcertato.
Si tratta di una produzione ispano-americana e la dualità si sente e si vede tutta: nelle scene “a stelle e strisce” la recitazione è posata, luci e fotografia sembrano quelle di CSI e company; in quelle ambientate in Spagna, invece, esplodono colori e mimica facciale degli interpreti, sempre un po’ teatrali. Ed è vero che la trama racconta proprio di un conflitto tra una grande azienda statunitense e il Regno di Spagna, che si contendono il relitto di un galeone trovato dalla prima nella zona dello Stretto di Gibilterra, ma il conflitto nasce anche nella messa in scena, che sembra schizofrenica.
La miniserie, originariamente composta da sei episodi da cinquanta minuti ciascuno e basata sulla graphic novel Il Tesoro del Cigno Nero di Guillermo Corral e Paco Roca, è diretta da un Premio Oscar, il regista Alejandro Amenabar (Mare Dentro). Tuttavia, nonostante parta da una trama interessante, sicuramente diversa dalle solite nel tentativo di rendere moderne le antiche storie dei pirati, si perde nell’ambivalenza finendo per trasformarsi in un progetto senza identità, che in alcune scene ti prende con ritmi serrati e tensione ben calibrata, e in altri si perde in lungaggini e dialoghi di maniera e poco credibili.
Tucci, presentato come il centro del racconto per ovvie ragioni pubblicitarie, non è di certo presente in scena quanto i suoi “nemici” spagnoli, rappresentati dal giovane diplomatico Alejandro “Alex” Ventura (Alvaro Mel), quasi fumettistico nella sua timidezza, e la funzionaria Lucìa Vallarta (Ana Polvorosa), che dovrebbe apparire naif e senza peli sulla lingua e invece risulta soltanto finta e improbabile. La recitazione acerba dei due interpreti iberici stona ancor di più quando messa a confronto in scena con quella dell’americano Clarke Peters, ovvero l’avvocato Jonas Pierce, che li aiuta nella loro missione andando contro il suo Paese.
In sintesi, un’occasione sprecata.
1. john2207 ha scritto:
31 maggio 2022 alle 15:03