Cinquanta sfumature di come si possa essere divertenti, o anche diversamente brillanti, senza necessariamente propinare monologhi su una catena di montaggio: questa la variazione sul tema che costituisce la novità di Se stasera sono qui. Nonostante gli occhi puntati addosso, Teresa Mannino si conferma vispa e disinvolta, porta avanti bene la sua maschera di intrattenimento: quello della donna palermitana irriverente che se deve indicare il deretano con il suo nome proprio non s’imbarazza.
Non fosse per qualche taglio di montaggio è così interessante la spontaneità di donna Teresa che non ci si accorgerebbe che la messa in onda è differita. Se lo scopo della padrona di casa però è essere elegante, come prima serata richiede, meglio pensare che volesse risultare eccentrica con panni un po’ stranianti. Vedere il ‘bassorilievo’ del pantalone che tanto ricorda il logo dei programmi di Gigi Marzullo.
Carino il gioco sull’identità di rete, con continue punzecchiature alla fama di canale comunista e per intellettuali. Alla faccia della tv per ignoranti però Andrea Scanzi rivendica popolarità per Beppe Fenoglio e insulta sia il Pulcino Pio sia la trilogia delle Cinquante sfumature, i tormentoni degli ultimi mesi, fenomeno main – stream smontato in pochi istanti dal giornalista, che forse dimentica che ogni estate porta con sé le proprie stravaganze (il waka waka era più culturale?)
In compenso ci sono delle chicche davvero non male: c’è l’uomo del meteo che ha dato un nome ai cicloni e agli anticicloni (finalmente questa trovata ha un volto!), la scommessa sulla ‘maledetta’ Jessica Mazzoli e sui cinesi, per una volta presentati al pubblico non come i terribili invasori dei mercati. C’è la pillola green con la storia dell’acqua invisibile a mo’ di discussione di laurea con diapositive Power Point.
Di ottima fattura l’intervento di Cinzia Leone sugli stage, sulla persecuzione delle precarie da call – center e sulla crisi. Buona anche la trovata di Dante cantato in una sorta di versione rap by Morgan. Incroci di spunti e di personaggi che rendono abbastanza piacevole l’attesa di quello che verrà dopo, in semplicità, senza proclami di imminenti arrivi di un assurdo Godot liberatore.
L’atmosfera un po’ bricolage non dispiace: non è più il tempo di prodotti preconfezionati sterilmente, o forse è solo roba di cabala che trae buona ispirazione da celebri ritornelli di canzoni vintage italiane. Se diventa sempre più difficile far ridere, la Mannino riesce spesso a far sorridere. L’obiettivo non è di creare vorticose e travolgenti allegrie a 32 denti ma di puntellare e stemperare qua e là con una sorta di controregistro di piacevolezza una serie di sfoghi, riflessioni e intuizioni.
Poco trucco e pochi inganni, come denuncia già il volto della Mannino, che si riga di un’autentica commozione quando Pif racconta Palermo, la loro città comune, da una prospettiva diversa.
1. Pippo76 ha scritto:
5 settembre 2012 alle 23:56