E’ la serie inglese più amata e chiacchierata. E anche in Italia, senza battente promozione, è diventata un piccolo cult. Parla di una famiglia, “sporca e cattiva”, con la quale è meglio non scherzare. Non si fottono i Peaky Blinders. La serie, entrata nell’immaginario collettivo britannico, arriva su Netflix domani con la sesta e ultima stagione, cui dovrebbe seguire un film.
Sono passati 13 anni, da quel 1919 in cui era ambientata la prima stagione di Peaky Blinders. Il mondo è cambiato, dal post prima guerra mondiale si è passati ad un inconsapevole pre seconda guerra mondiale che ha significato l’ascesa dei nazionalismi e dei totalitarismi. Anche la gang dei Peaky Blinders è cambiata, legittimandosi e “ripulendosi” agli occhi della società, grazie al lavoro di Thomas Shelby. L’uomo, protagonista e deus ex machina nonchè secondogenito della famiglia, si trova a ripartire dalla prima vera sconfitta “lavorativa” della sua vita: il fallimento dell’attentato al deputato Mosley. La nuova stagione segnerà l’addio del personaggio simbolo di zia Polly dovuto alla prematura scomparsa della sua interprete Helen McCrory. Polly morirà in un attentato.
Quello che colpisce in Peaky Blinders è uno stile narrativo preciso e unico nel suo genere, valorizzato da colonna sonora e costumi, che riesce a tenere incollato lo spettatore tratteggiando i contorni della Birmingham del secolo scorso. Il tessuto sociale, del resto, è un elemento forte che va a caratterizzare gli stessi personaggi, nella cui contraddittoria umanità – più che nelle vicende, talvolte intricate – risiede il segreto della serie. E’ un male, quello di Thomas Shelby, che ha un’etica e un fine, alimentato dalla sete di rivendicazione e fonte di tormenti.
Nel Regno Unito, la serie, in cui non mancano scene efferate, si è conclusa la scorsa primavera dopo essersi imposta come un fenomeno di costume guadagnandosi il passaggio da BBC2 a BBC1. Letteralmente il titolo significa “paraocchi a punta” e deriva da una vera gang criminale britannica, di inizio ventesimo secolo, che aveva l’abitudine di portare lamette nel risvolto dei cappelli, in modo da poterli utilizzare anche come arma.
1. Marco3.0 ha scritto:
9 giugno 2022 alle 19:20