19
marzo

Leaving Neverland: Michael Jackson sotto accusa nel documentario shock in onda sul Nove. Racconti scabrosi ma nessuna prova

Leaving Neverland

A un certo punto è arrivato all’altezza dei genitali. Ha cominciato a toccarmi là. Avevo sette anni“. I dettagli scabrosi si susseguono, diventano minuziosi, quasi ossessivi. Espliciti. Così, il racconto diventa sempre più inquietante e restituisce al telespettatore il ritratto shock di un Michael Jackson pedofilo. , il controverso documentario di Hbo e Channel 4 sul presunto lato oscuro della pop star statunitense arriva anche in Italia, trasmesso oggi e domani in prime time sul . Ne abbiamo visto le due ore iniziali in anteprima. Ebbene, le accuse contro Jacko sono pesantissime, ma non aspettatevi prove schiaccianti.

Leaving Neverland si basa sulle testimonianze di Wade Robson e James Safechuck, che raccontano al regista Dan Reed di come Jackson avrebbe abusato di loro da quando avevano sette e nove anni fino all’adolescenza. La costruzione del documentario è piuttosto semplice: ruota attorno ad una tesi iniziale supportata unicamente dai due testimoni e dai loro parenti. Il montaggio non è particolarmente originale ed il ritmo della narrazione è per giunta lento, eppure il fragore sconvolgente e morboso di certi passaggi non può che destare l’attenzione del telespettatore.

Nel documentario, l’ossessione descrittiva di alcuni scabrosi particolari si rivela la principale argomentazione a disposizione dell’accusa. In un primo passaggio, un testimone elenca tutte le stanze di Neverland in cui lui e Jacko avrebbero avuto rapporti sessuali. Poi, nel corso del lungometraggio, arrivano anche i dettagli più espliciti e shock:

Mi ha accarezzato il pene da sopra i vestiti e poi mi ha infilato la mano nei pantaloni e ha cominciato a palpeggiarmi in quel modo. Non c’era niente di aggressivo in lui, né di violento (…) Poi Michael ha voluto che facessi lo stesso con lui e mi ha messo la mano sul suo pene, che ecco, era eretto“.

Davanti alla telecamera, James Safechuck ha anche affermato che, una volta raggiunta l’adolescenza, Jackson lo avrebbe indotto ad avere con lui rapporti più spinti, arrivando alla sodomia. Il quadro complessivo sconvolge, inquieta, disgusta. Costringe a rileggere le abitudini della star musicale sotto una luce sinistra. Jackson, al contempo, risulta un uomo solo, in preda ad atteggiamenti turpi ed ingiustificabili, ma sintomatici di un abissale disagio di fondo di cui lui stesso è vittima.

Tuttavia, se negli aspetti tecnici e di regia il documentario non ci ha entusiasmati, è proprio nei contenuti che esso ci ha lasciati maggiormente dubbiosi. A colpire, infatti, è innanzitutto l’assenza di un qualsivoglia contraddittorio o di una controparte. In Leaving Neverland la voce dei due testimoni è incastonata dallo stesso regista in un contesto di parziale soggettività che esclude punti di vista aggiuntivi o diversi. Di oggettivo ci sono soltanto delle registrazioni e dei fax in cui Jackson si rivolge affettuosamente ad uno dei protagonisti, senza allusioni sessuali. La prova schiacciante non c’è.

Tuttavia, il fatto che Jacko si attorniasse di sempre nuovi fanciulli desta più di qualche sospetto sulle sue condotte private e di recente – proprio sull’onda del documentario – anche Adrian McManus, ex governante della star, ha accusato Michael definendolo un “pedofilo predatore“. La donna ha anche affermato di aver ripescato più volte biancheria intima di Jackson e dei bambini dalla vasca idromassaggio Jacuzzi che la popstar aveva nella sua camera. Va al contempo ricordato che il cantante fu processato e assolto due volte dai tribunali americani dall’accusa di abusi sui minori e che altri suoi ex pupilli hanno invece negato di aver avuto rapporti con lui.

Che Leaving Neverland abbia suscitato scalpore nell’opinione pubblica e sui media è comprensibile, vista la gravità delle accuse. Pur con qualche esagerazione. L’indignazione per i presunti segreti inconfessabili del cantante, infatti, ha addirittura spinto alcune emittenti radiofoniche in Canada e Nuova Zelanda a cancellare le sue canzoni dal palinsesto. Come accaduto con il meToo, anche in questo caso l’impeto di certe reazioni ha sfiorato il ridicolo e l’ipocrisia, anche perché – come sopra accennato – certe voci sulla vita privata di Jackson si susseguono ormai da anni. Eppure solo oggi ci si indigna.

Al netto del clamore mediatico e dello shock momentanei, Leaving Neverland non sortirà tuttavia particolari effetti di massa o di damnatio memoriae: chi nutriva sospetti su Jacko, continuerà ad averli in maniera più convinta. Chi lo venerava come una star, continuerà a farlo in maniera acritica.

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