A cosa serve un programma di cucina, se non porta nulla di nuovo in TV e non è rappresentato da volti di punta, che possono attrarre da soli il telespettatore? A nulla, se non a fare paragoni, per forza di cose impietosi, con programmi simili e già noti. Queste sono la domanda e la risposta che ha suscitato la messa in onda de Il Ristorante degli Chef, il nuovo – ma solo nel (brutto) titolo – talent show culinario di Rai 2.
Il Ristorante degli Chef: un programma che non offre nulla di nuovo
Nelle intenzioni degli autori l’elemento innovativo c’è, e sarebbe la coniugazione di cucina e gestione di un locale che, in realtà, è stata già sperimentata dal Ristorante della Clerici, trasmesso 14 anni fa. Ad ogni modo nella prima puntata di ieri sera, dedicata alle selezioni, tutto questo non è venuto fuori, e difficilmente il pubblico poco soddisfatto darà un’altra occasione al programma solo per scoprirne gli elementi finora nascosti. Della serie: se hai un asso nella manica, giocalo subito, perchè poi potrebbe essere troppo tardi.
Le selezioni sono sembrate un doppio déjà-vu: molto simili a MasterChef nel meccanismo ad eliminazione e vicinissime a Bake Off Italia per l’ambientazione, ovvero questo giardino in cui i tre giudici (perchè devono essere sempre e per forza tre?) hanno accolto gli ottanta aspiranti concorrenti prima di ridurli a dieci.
I giudizi di Andrea Berton, Philippe Léveillé ed Isabella Potì sono stati severissimi e si è registrato anche un certo compiacimento nell’esercitare il loro “potere” sui concorrenti, zittiti in malo modo e quasi mortificati. Lo spettro di Carlo Cracco persiste, dunque, e questa inutile “crudeltà” comincia a stancare, risultando forzata ed ansiogena, così come la presenza di concorrenti eccessivi e scelti quasi in veste di macchiette.
Due sono le cose veramente interessanti del prodotto, molto simile per ingiustificata pretenziosità anche all’altro talent show culinario di Rai 2, Il più Grande Pasticcere: la prima sono i look eleganti, sofisticati e stilosi della Potì; l’altra è il montaggio, serrato e ben definito, che comunque non è bastato a limitare la lunghezza eccessiva della puntata.