20
marzo

GERARDO GRECO A DM: AD AGORA’ HO PORTATO IL GIORNALISMO DI SCUOLA AMERICANA. I GRILLINI? DIFFICILI DA RACCONTARE

Gerardo Greco

Ogni giorno racconta in tv l’attualità e la politica italiana, dando voce  al Paese reale e alle sue istanze. Ma in fondo, Gerardo Greco, si sente americano. Per dodici anni ha infatti vissuto negli Stati Uniti come corrispondente del Tg2: un’esperienza che lo ha profondamente formato. Ora conduce Agorà su Rai3 (dal lunedì al venerdì alle ore 8.00) al posto di Andrea Vianello, il quale è diventato direttore della terza rete…

Gerardo, come sta andando questa tua nuova sfida?

A parte il fuso orario americano, di cui ancora risento, molto bene. Siamo riusciti a mantenere una continuità con gli ultimi due anni di Agorà ed anche gli ascolti sono positivi: il pubblico ci sta premiando. Il mio rientro da New York è stata un’idea di Andrea Vianello, nella prospettiva di portare un po’ di narrativa americana nel racconto della politica italiana.

Perché hai deciso di tornare in Italia proprio ora, dopo anni di corrispondenza all’estero?

Sono arrivato a New York nel 2001 e lì ho vissuto per molti anni. Poi per questioni di lavoro mia moglie si è trasferita a Roma con mio figlio, ed io negli ultimi due anni ho cercato di avvicinarmi all’Italia: inizialmente ho condotto UnoMattina Estate, poi ho accolto l’opportunità di raccontare il Paese con Agorà.

Quanto senti il peso dell’eredità ricevuta da Vianello?

Il passaggio di consegne è stato pensato con attenzione ma sento comunque il peso di subentrare ad Andrea, che ha inventato la trasmissione e le ha impresso uno stile. Per dodici anni ho vissuto negli States, quindi credo di aver portato nel programma alcuni meccanismi informativi all’americana, per esempio il dibattito, l’attenzione al Paese reale e alla cronaca. Il nostro è un talk show che si apre alle piazze e alle realtà produttive italiane, in un momento in cui Paese è cambiato anche politicamente, passando da un presunto bipolarismo ad uno strano tripolarismo.

Il fenomeno politico del momento è Beppe Grillo, il qale ha però dichiarato che i conduttori tv sarebbero “pagati” per screditare il suo Movimento. Che ne pensi?

Negli Usa i conduttori dei talk show fanno della loro indipendenza un punto d’onore, e in questo senso io vorrei essere di scuola americana, cioè molto attento ai fatti e agli equilibri. Credo che a Rai3 mi abbiano chiamato anche per questo. I grillini vanno in ogni caso raccontati, perché in questo momento sono più di 8milioni ed esprimono ciascuno altrettante storie.

Di recente ad Agorà avete ospitato il simpatizzante grillino Daniele Severini, presentandolo come “5 Stelle di Genova”. Il blog di Grillo ha però precisato che il giovane non era autorizzato a parlare a nome del Movimento…

Noi abbiamo sempre presentato Severini come un attivista grillino dalla prima ora, che parlava a nome suo e non si dava una patente di ufficialità. Il suo intervento è avvenuto all’interno de “L’albero dei cittadini”, il segmento aperto alla realtà e dedicato ai liberi elettori. L’episodio fa parte della difficoltà di raccontare il Movimento Cinque Stelle, che è una realtà complessa. Ma noi siamo aperti al dialogo…

Quanto avvertite la concorrenza con Omnibus, il vostro diretto competitor di La7?

Omnibus è il talk show che per primo ha portato la politica nella mattina televisiva. Sono molto bravi, ma hanno un format diverso dal nostro, che invece è molto ancorato alla realtà e a quello che succede fuori dallo studio.

Quindi anche tu ritieni importante interloquire con “la piazza”?

Sì, perché è un elemento fondamentale. Basti pensare alla campagna elettorale che Obama condusse nel 2008 riempiendo le piazze anche nelle regioni più sperdute: quello fu il segno di un’America che stava cambiando. Allo stesso modo, le piazze dell’Italia post-elezioni sono un luogo imprescindibile e vanno raccontate cercando di trovare delle risposte a quello che in esse accade.

Si dice spesso che Oltreoceano l’informazione non guardi in faccia al potere, e che invece da noi ci siano giornalisti compiacenti. E’ davvero così o è l’ennesimo mito da sfatare?

Sono due situazione diverse. In America l’informazione è molto “fact checking” e controlla sempre se le affermazioni dei politici hanno un riscontro veritiero. In Italia, invece, i talk show sono come dei giornali, ciascuno ha una linea editoriale di cui i telespettatori si fidano. Anche noi ne abbiamo una: quella di raccontare i fatti per quello che sono.

C’è un personaggio politico che vorresti ospitare?

I politici di primo piano sono di certo importanti, ma l’informazione non la fanno solo loro. Anzi, a volte le storie degli elettori di Grillo, Bersani o Berlusconi sono molto più interessanti. E allo stesso modo, per raccontare bene l’America non basta fare solo una chiacchierata con Barack Obama…

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6 Commenti dei lettori »

1. tinina ha scritto:

20 marzo 2013 alle 12:43

E ti credo che è difficile raccontare i grillini: non appena dici qualcosa che a loro non piace arriva subito la fatwa di Grillo!



2. Peppe93 ha scritto:

20 marzo 2013 alle 13:22

Ottimo giornalista. Usa la giusta aggressività con i politici.



3. Marco89 ha scritto:

20 marzo 2013 alle 14:47

E’ difficile raccontare il pensiero di qualcuno che non ha niente da dire e che intanto già beneficia dei costi del ristorante del parlamento. Quando appoggiano il sederino là sono tutti uguali.



4. tinina ha scritto:

20 marzo 2013 alle 19:29

marco89

Parole sante!



5. Marco89 ha scritto:

20 marzo 2013 alle 21:50

@ Tinina: mi dispiace solo per chi lo ho votato nella speranza che proponesse e cambiasse qualcosa. Ci sono un sacco di lavoratori che lo hanno votato, e di questo mi dispiace tanto perchè son stati illusi e presi in giro in un momento vulnerabile e difficile per molti di loro. Il populismo trafigge e basta.



6. Aristide Croce ha scritto:

9 ottobre 2013 alle 09:52

Anche lui, come la maggior parte dei conduttori, non fa altro che parlare di Berlusconi. E’ palese che gli è’ contro, ma in questo modo gli sta facendo un favore, perché’ molti rimarranno sempre più’ convinti della persecuzione giudiziaria e giornalistica.



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