I catalizzanti spot pubblicitari che per oltre un mese hanno invaso il piccolo schermo delle reti Mediaset con una stupenda pantera nera ringhiosa e regale si sono conclusi ieri con l’ultimo appuntamento di Rock Economy, il concerto-evento di Adriano Celentano che ha irretito il 32.82% di share. Mentre la Rai si morde le mani per essersi lasciata sfuggire la manifestazione più vista e pubblicizzata dell’autunno (e pensa a Benigni), il vicepresidente Mediaset Piersilvio Berlusconi esulta e ringrazia: “Grazie Celentano, con la tua musica mi hai emozionato. E con me hai emozionato tutta l’Italia”.
Lunghi e interminabili silenzi, momenti di incertezza, attacchi sbagliati: niente ferma Celentano e niente svia il suo pubblico dal seguirne la performance fino alla fine. Ieri il Molleggiato è apparso agli occhi incantati degli spettatori dell’Arena, più rilassato e meno teso, come se dopo 18 anni di sermoni e prediche avesse finalmente ritrovato il suo ruolo e la sua arte. Abbandonando la tediosa retorica della prima puntata, fischiata a furor di quanti volevano semplicemente godere del concerto, Celentano non delude e arricchisce una serata con i più grandi successi del suo repertorio facendo cantare e ballare cinque generazioni di italiani.
Si comincia con “Mondo in MI7″, si prosegue con la romantica “Soli” firmata da Cutugno e la malinconica “Arcobaleno” del duo Mogol/Bella. Immancabile il momento revival con lo spezzone di Storia d’amore del 1969 e con l’esecuzione del balletto di Yuppi Du che nel ‘75 rischiò di vincere il Festival di Cannes. L’amico dalle enormi mani Gianni Morandi lo accompagna, nota dopo nota, verso la sua ritrovata consacrazione, alimentando quel juke-box dei ricordi che passa dall’oneroso tributo a Lucio Dalla, accolto da una standing-ovation, fino all’intramontabile “Una carezza in un pugno”.
Celentano ritrova se stesso, resiste, per quanto gli sia possibile, alla vacua divulgazione che allo scorso Festival di Sanremo gli costò critiche e fischi, e torna al suo mondo: quello del rock, quello delle parole che non feriscono ma affascinano, quello della musica che l’ha nutrito e cresciuto. Sia lodato Celentano, sempre sia lodato. Quando canta.
1. WHITE-difensore-di-vieniviaconme ha scritto:
10 ottobre 2012 alle 14:02