Ieri era San Valentino e la Rai ha deciso di festeggiare lanciando in esclusiva su Rai Play la serie spagnola Foodie Love. Un viaggio tra cibo e relazioni in otto episodi, sulla carta affascinante e d’atmosfera, ma nei fatti a rischio di andare fuori tema; perchè, a vederne i primi episodi, viene voglia di restare single a vita.
Ella (Laia Costa) e El (Guillermo Pfening) – sì, semplicemente lei e lui - sono due trentenni che si conoscono su un’app dedicata al cibo e cominciano ad uscire insieme tra sospiri, imbarazzi, schizzi di vomito sulle scarpe dopo qualche cocktail di troppo e discorsi cervellotici nei quali non riescono mai a dire fino in fondo tutto quello che pensano. Salvo comunicarcelo attraverso nuvolette varie che fuoriescono dalle loro teste, come ultimamente si usa fare un po’ dappertutto.
La storia – prodotta da HBO Spagna – procede lenta, a tratti inconcludente e non si può non pensare che, se i primi appuntamenti sono così angoscianti anche soltanto visti in tv, figuriamoci come sarebbe viverli di persona. Poi, però, andando avanti scatta quantomeno la curiosità di capire quando e se questi due scopriranno di piacersi, e si apprezza lo sforzo di far passare quell’attesa lenta e snervante in una forma di ritrovato romanticismo, che rispetta il fantasma degli amori passati. La passione – che nasce dal parallelismo con l’amore per il cibo - alla fine esplode, ma non è detto che il telespettatore abbia avuto la pazienza di arrivare fino a quel punto e scoprirla, insieme al dolore che la protagonista femminile custodisce dentro di sé.
A salvare il racconto sono le tante suggestioni che lo arricchiscono, soprattutto quelle culinarie, con le calde e colorate immagini del cibo, la spiegazione dei sapori dal mondo e i tanti locali che fanno da sfondo agli incontri tra i due. Nonché la regia attenta e i personaggi di contorno che si inseriscono incidentalmente nella relazione in divenire, magari altri clienti del bar che raccontano alle telecamere le loro storie spesso fatte di solitudine, rimpianto e qualche volta di speranza.
Per fortuna non si eccede nella teatralità tipica delle serie iberiche, fatta di faccine strane e troppa enfasi (di cui però si macchia l’argentino Pfening). In conclusione, una storia con un forte potenziale, che avrebbe reso di più (e stancato di meno!) in un film.