Non me lo so spiegare. Il titolo di una delle canzoni più celebri di Tiziano Ferro è anche la frase che riassume l’avventura sanremese del cantante di Latina. Tiziano ha imperversato per cinque serate come presenza fissa e allo stesso tempo attestandosi come corpo estraneo della manifestazione.
Se l’è cantata e se l’è suonata promuovendo il suo repertorio, cantando le cover che più gli piacevano – talvolta facendo magre figure -, ha disertato le conferenze stampa, e se non fosse per la lite con Fiorello di lui sarebbe rimasto poco o nulla. Le bizze sull’orario di uscita denotano, peraltro, un disinteresse verso la stessa manifestazione e la gara dei suoi colleghi. Da valore aggiunto della vigilia, Tiziano è stato quasi una zavorra che è andata ulteriormente a porre in secondo piano la gara.
Eppure in quei mini interventi si è intravisto in Tiziano un tentativo di “trattenere il microfono” facendo qualche battuta. Allora ci si chiede perchè sia stato confinato e abbia scelto di confinarsi al ruolo di interprete, manco fossimo in un programma di Paolo Limiti con Manuela Villa. Forse perchè da un lato ad Amadeus serviva un porto sicuro in tema di ospiti musicali, e aveva già coperto la parte spettacolo con Fiorello; forse perchè dall’altro lato Tiziano è rimasto timoroso nell’esporsi, malgrado gli anni di illustre carriera. E anche qui viene in mente un celebre verso di una sua canzone: “Complimenti per la vita da campione, insulti per l’errore di un rigore“.
Ma se accetti di entrare nel tritacarne mediatico che è Sanremo devi immergerti, altrimenti meglio starsene a casa.
1. Maurizio ha scritto:
9 febbraio 2020 alle 16:00