Che Carlo Cracco si trovi meglio nei bagni e nelle cucine di un noto marchio di arredamento piuttosto che in quelle di Hell’s Kitchen lo avevamo capito, ma dopo le prime due puntate di questa terza edizione la cosa appare ancora più chiara. Fa fatica a decollare la prima puntata, che basa tutto sul già visto, sia per quanto riguarda la formula sia per le dinamiche e la struttura.
Già a partire dall’introduzione in una chiesa, Chef Cracco sembra quasi una caricatura di se stesso. Va bene prendersi in giro, ma in questo programma il ruolo di capo senza scrupoli dovrebbe essere l’elemento trascinante, così come insegna la versione originale americana guidata da Gordon Ramsay. A Cracco, invece, tutto questo non si addice proprio, tanto da apparire più ingessato che mai, come se stesse leggendo perennemente un gobbo.
Dopo appena cinque minuti, i cuochi, di cui si conoscono a malapena i nomi, sono già a lavoro ma il ritmo che forse gli autori cercavano di dare al programma fin da subito è quasi inesistente. Ciascuno fa il proprio compitino, e sia dei piatti che della loro presentazione viene mostrato poco o nulla. Inoltre il fatto che i concorrenti siano stati selezionati a porte chiuse – a differenza ad esempio del programma cugino Masterchef – fa perdere quel senso di affezione da parte del pubblico che è costretto a “conoscerli” solo tramite brevi clip di presentazione sparse a caso nel corso della puntata e giocoforza isolate dal racconto.
Non volevamo certo sapere vita, morte e miracoli di tutti, ma qualche informazione prima di vederli ai fornelli, magari, sarebbe stata cosa gradita. Il cast stesso, che dovrebbe essere composto da Chef con esperienza professionale, sembra, per certi versi, più amatoriale di quello di Masterchef e la maggior parte dei concorrenti ha dimostrato di non sapere reggere la tensione del servizio già nelle prime due sfide alle quali sono stati sottoposti. Chissà cosa succederà man mano che le prove si faranno più complicate.
A mancare nel corso dell’intera puntata d’esordio è anche quel clima tensivo su cui il format stesso dovrebbe concentrare tutta la sua attenzione, cosa che ci auguriamo arrivi prima o poi. Hell’s Kitchen Italia per adesso di inferno ha ben poco e nonostante sia arrivato alla terza edizione ripete regolarmente gli stessi errori del passato e la noia la fa quasi da padrona. Il programma prodotto da Magnolia continua ad essere ben confezionato sul piano tecnico, ma appare carente nei contenuti e nelle dinamiche, manca un filo conduttore e un coinvolgimento in grado di appassionare il pubblico.
Per usare il gergo culinario è come un bel piatto ma totalmente insapore.
1. Renzo ha scritto:
5 ottobre 2016 alle 12:29