Se le aspiranti Miss sognano la pace nel mondo, Flavio Insinna non è da meno e aspira ad un Paese “che dia lavoro, serenità e lavoro un po’ a tutti”. E’ il manifesto “elettorale” del conduttore di Affari Tuoi, che sembra asfaltare l’attuale classe politica, senza se e senza ma. Fosse un film sarebbe Salvate il compagno Insinna, autoproclamatosi “giullare e pagliaccio”, ma di fatto incline all’attivismo politico a Le Invasioni Barbariche:
“Sogno l’Italia in mano a Don Ciotti, Maurizio Landini e tutta la sanità a Gino Strada”.
Logorroico ed iper-elettrico come da tradizione, Insinna inonda la Bignardi di alta retorica e raffinato populismo accolto da applausi fragorosi:
“Mi piacerebbe un Paese senza Affari Tuoi, ma con un altro bel gioco dove non ci sia bisogno di dare una chance in più ad una famiglia. Vorrei che alle 20.40 si potesse cantare”.
Informarlo che a fine marzo tornerà il Karaoke forse potrebbe tranquillizzarlo. Sui politici, invece:
“Si fa fatica a dare l’esempio. La mattina accendo la tv e vado a lavorare già sconfitto. Li vedo litigare, sono beghe di cortile difendono il loro orticello. Nel mio Paese dei sogni la classe politica non si fa corrompere, non devo pensarlo lontanamente, devono essere migliori di noi, invece ogni giorno è una sconfitta”.
Tutto qui? Macché. Insinna tuona contro la Legge Fornero che ha generato gli esodati:
“Una classe politica che in un minuto crea gli esodati e mette gente per strada secondo me altrettanto velocemente doveva dire ‘andiamo a casa a fare un altro lavoro’. Troppo facile comandare e non amministrare. Non è questione di essere di sinistra o di destra, ma di tenere alle persone. Mio padre era medico degli ultimi e mi diceva che nessuno è cosi sfigato che non si può girare a dare una mano a un altro”.
L’attore, alla guida di Affari Tuoi dal 2006 al 2008 e tornato nel settembre 2013, racconta la netta differenza tra le due esperienze.
“Mi arrivano cassaintegrati, gente che deve chiudere l’attività, chi vorrebbe aprirne una ma non ce la fa, persone che non si possono sposare. Quando lo presentai per la prima volta venivano per un sogno, ora per un bisogno. All’epoca il mutuo era abbinato al concetto del matrimonio, me lo dicevano sorridendo, adesso lo dicono con la morte nel cuore”.
1. vicky ha scritto:
5 marzo 2015 alle 17:52