Giorni di caos quelli che vive la nostra televisione. Tra i mille punti interrogativi sui buchi di palinsesto una nuova questione arriva a tenere banco, o per meglio dire, arriva a smentire le facili congetture sul gusto del pubblico, intorno alle quali per anni abbiamo sentito moralismi e pistolotti infiniti. E’ un dato di fatto ormai che il trash, che avrebbe dovuto sbancare a prescindere, ovunque si palesasse, bussa alla porta dell’Auditel con sempre meno vigore nonostante a portarlo alla ribalta sia la trasmissione più eclatante del momento, Tamarreide.
Sia chiaro che ci sono mille alibi per comprendere il poco seguito televisivo dei tamarri on the road. E’ verosimile che il sistema mediale multipiattaforma faccia sì che molto del potenziale target catodico frammenti la propria fidelizzazione col programma scegliendo quando, come e dove vedere il programma via web. Molti dei ragazzi che ne parlano per strada lo hanno visto on line, o peggio non sanno nemmeno quando sia la reale trasmissione sulla rete giovane Mediaset.
Pesa indubbiamente sul programma oltre che il fattore estate anche una strategia troppo debole di soapizzazione. Probabilmente sarebbe stato molto diverso se ci fossero state delle strisce orizzontali di richiamo costante. Il risultato di Tamarreide è comunque ben al di sotto delle aspettative, specie per chi vedendone il contenuto alquanto spinto ne poteva profetizzare un sicuro feedback da parte dei telespettatori.
Eppure quelli che fino a pochi mesi fa erano considerate come vere e proprie calamite acchiappa-ascolto non hanno funzionato. Ci sono i fusti e le bonazze, smutandati e scosciati allegramente a più non posso, ci sono gli appannamenti delle telecamere che insinuano giochi erotici complessi, ci sono gli amori travagliati e le passioni che oscillano dalle scazzottate agli abbracci solidali.
C’è pure quel pizzico di psicologia popolare, quell’illusione di poter arrivare a spiegare tutti i comportamenti con le varie sindromi e i variegati complessi sbocconcellati qua e là con improbabile profondità. Al Grande Fratello un’impalcatura molto più posticcia rende infinitamente di più. Qual è allora il problema? Pagano di più i pruriti sessuali e l’effetto tensione costante o la costruzione di una soap?
Molti elementi ci fanno pensare che sia proprio l’intreccio delle trame personali, più che il dato scandalistico in sé, a premiare. Gli autori di Tamarreide ci provano pure ma l’impostazione del format con degli episodi così poco quotidiani, così troppo distanti l’uno dall’altro finisce col rendere poco credibili tutte le dinamiche.
Il montaggio, per quanto supportato da un buonissimo linguaggio accattivante, macina in breve tempo così tante sfumature di sentimenti nei rapporti tra i protagonisti da non riuscire a scongiurare l’impossibilità di immedesimazione, fino all’opposto dello straniamento comico.
Come se l’attrazione tra Marika e Manuel sia meno vera di un qualsiasi accoppiamento all’interno delle mura di Cinecittà, come se basti l’esibizionismo dei tamarri a scavare un gap di verosimiglianza televisiva, che forse non esiste affatto, con le vicende del Grande Fratello. Un problema di forma dunque più che di sostanza? O c’è stata una rivoluzione di gusto, quasi istantanea e impulsiva, da parte del pubblico?
1. Phaeton ha scritto:
10 luglio 2011 alle 12:14