24
febbraio

Hidden Singer Italia: la prevedibilità è in agguato. Il punto di forza del programma diventa il tallone d’Achille

Federico Russo

Hidden Singer Italia (qui i bassi ascolti della prima puntata), novità del palinsesto del Canale Nove, si configura a tutti gli effetti come un omaggio ai fan di alcuni fra i cantanti italiani più noti. Una celebrazione in piena regola, durante la quale la narrazione del rapporto fra l’artista musicale di turno e i suoi aficionados viene inframezzata da un meccanismo di gioco (fin troppo) semplice. Quasi ai limiti del ripetitivo.

Quattro round, sei cabine. Questi i numeri della sfida al buio, filo conduttore del programma, attraverso la quale il pubblico in studio è chiamato a riconoscere l’ugola del suo beniamino, nascosta e mescolata tra quella di alcuni suoi imitatori. Il segmento, che proprio per la mancanza di un contatto visivo può riecheggiare la fase delle blind audition di The Voice, dovrebbe servire a tener alta l’attenzione dello spettatore. Il condizionale è però d’obbligo: il tutto dipende, difatti, dal grado di somiglianza esistente fra il timbro vocale dell’ospite omaggiato e quello di chi gli fa il verso.

Una somiglianza che, almeno nella puntata di apertura, è sembrata debole. L’artista musicale, Gigi D’Alessio, è stato difatti riconosciuto dai suoi fan con una certa facilità, fin dal primo round. Ora, se si vuol scovare l’identità nascosta di un cantante attraverso i suoi vocalizzi, cosa che sembrerebbe indicare il titolo dello show, è bene farlo avendo a disposizione le risorse più idonee. Non si può, del resto, pretendere di camuffare un albino in una tribù dell’Africa subsahariana. E questo è proprio quanto è accaduto ieri sera. Se la gara non è scivolata nella dimensione del “prevedibile” è stato solo grazie alla capacità (oltreché all’arguzia) di D’Alessio di alterare la propria voce, con l’intento di destabilizzare e portare fuori pista.

Leggeri e godibili sono apparsi invece i momenti in cui il cantante ha avuto la possibilità di interfacciarsi con il suo pubblico. L’idea di esplorare il dietro le quinte dell’ospite musicale non è propriamente nuova, ma quel che distingue Hidden Singer è proprio la volontà di creare una sorta di tête-à-tête fra l’ospite e la schiera dei suoi ammiratori. Da chi ha il poster in camera a chi si è tatuato il viso del suo mito sulla schiena, i fan non solo hanno rivestito un ruolo centrale nelle dinamiche dello show, ma si sono anche prestati alle battute ironiche del padrone di casa. A suo agio è sembrato Federico Russo, tutto intento a creare con D’Alessio un rapporto scanzonato, prendendone bonariamente in giro i “seguaci”.

Nel complesso, grazie anche ad un ritmo scorrevole e ad una durata contenuta, il format si lascia guardare. Quello che, però, dovrebbe essere il suo punto di forza, può diventarne il tallone d’Achille. Un prodotto come questo, costruito tutto intorno ad un solo artista (sei gli appuntamenti previsti, con protagonisti altrettanti cantanti), rischia di escludere quella porzione di pubblico poco (o per niente) appassionato. Ecco allora che il pericolo di rivolgersi solo ed esclusivamente alla cerchia (più o meno ampia) degli intenditori è  in agguato.

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