Barbara De Rossi stasera è riuscita in un’impresa titanica: farci ricredere sulla diffusa convinzione che ognuno dovrebbe fare il proprio mestiere. L’attrice, al debutto su Rai 3 come conduttrice di Amore criminale, è riuscita a non far rimpiangere le sue doti di attrice sensibile e misurata, mai sopra le righe. Perché le ha conservate.
Vero è che questa è una conduzione sui generis, che poco somiglia a quella classica che pure l’attrice sperimentò nel 1992 con Uno, Due, Tre Rai. Condurre un programma in cui si raccontano storie vere è anch’essa una prova attoriale, perché non si deve tenere su uno spettacolo ma entrare nel copione già scritto di una storia di cui si vorrebbe cambiare il finale, avendo a che fare con le persone che l’hanno vissuta davvero.
Una di quelle prove che rimandano al metodo Stanislavskji-Strasberg, che invoglia gli attori a “vivere la scena” e ritrovarci delle emozioni proprie. E in molti si sono cimentati finora: Luisa Ranieri, al timone di Amore criminale prima della De Rossi, di Daniela Poggi e il suo Chi l’ha visto? o di Cesare Bocci, l’Augello di Montalbano, protagonista del Il giallo e il nero. Con risultati non sempre buoni come quello offerto al pubblico questa sera.
La De Rossi convince perché conserva la sua tendenza a non uscire mai dal seminato, come con i personaggi che di solito interpreta e che non enfatizza mai, conservandone la naturalezza. Sul suo viso non una squallida faccetta di disperata pietas che troppo spesso vediamo fare ai conduttori per definizione, quando entrano nel dolore della gente. E sì che stasera c’era di che empatizzare, raccontando la storia di una ragazza di 23 anni morta per proteggere la madre.
Merito comunque anche del programma, ben realizzato e credibile. Un po’ meno la scenografia e Vaporidis, che probabilmente ha pagato la tensione della storia che è arrivata anche ai telespettatori.
1. luca ha scritto:
3 maggio 2013 alle 23:44