[Intervista del 30 gennaio 2012] Ma ve lo ricordate quando intonava Italia amore mio a Sanremo? Ussignùr, che momenti. E che stecche. A distanza di due anni da quell’esperienza, Emanuele Filiberto ha cambiato registri e prospettive nel suo approccio al mondo dello spettacolo: ora fa il solista. Il desiderio di realizzare qualcosa di originale per la tv lo ha portato ad inventarsi un format di cui fosse il protagonista in maniera inedita. E così il Principe è diventato un Principiante, che poi è il titolo del nuovo docu-reality che Filiberto interpreterà in prima serata su Cielo (maggiori dettagli qui). Al debutto dello show, in onda dal prossimo 31 gennaio, abbiamo incontrato lo showman di Casa Savoia per farci raccontare come è andata. Di volta in volta, infatti, lo vedremo nei panni del pizzaiolo, del muratore, dello spurgatore, del dogsitter…
Così finalmente potrai replicare a quanti ti rimproverano di non aver mai lavorato in vita tua…
Diciamo che il vero lavoro è stato creare questo format, che viene dall’idea di uno show americano che io adoro: My Name Is Earl. Il suo interprete Greg Garcia per me è il numero uno. Noi abbiamo fatto questa proposta a Cielo che ha accettato, ed è raro trovare canali così che diano spazio a nuove idee. Sul campo ho lavorato con le persone per tre giorni, ci ho provato… D’accordo, non è un lavoro vero e proprio ma mi son dato al 100% e ho imparato anche delle cose.
Se mai dovessi abbandonare la carriera di showman, quale di questi lavori faresti a tempo pieno?
Per il momento ne ho sperimentati solo quattro, perché l’unica cosa che io non decido nello show sono proprio i lavori che andrò a fare. Però io adoro gli animali e mi piacerebbe essere un fattore, magari in Trentino. E’ un lavoro in cui ti devi fare il mazzo perché è difficile, però hai un’azienda tutta tua ed è bello. Fare il fattore non mi dispiacerebbe affatto.
Con Il Principiante passi dall’esperienza in Rai ad un’emittente del digitale terrestre che inevitabilmente ha ascolti diversi. Come ti approcci a questa nuova sfida?
Sono molto felice di questo. Io non sono una persona che cerca la popolarità, perché ormai mi conoscono. In questo momento io cerco le cose che amo fare e questi programmi di 45 minuti, molto dinamici e giovani, sono un’opportunità. Sono molto contento di passare da 5 milioni di un grosso show monumentale che costa una barca di soldi a 100mila telespettatori in una piccola nicchia che però ho costruito io e che considero un po’ il mio bambino.
Dunque adesso preferisci un format rapido alle lunghe maratone del prime time…
Sì. Oggi c’è una tv riciclata, è terribile. Non investono più in nuove idee o non danno più l’opportunità a nuove idee di emergere. Questo è ben triste e lo si vede negli ascolti: adesso con questo digitale, quanti punti di share hanno perso i grossi spettacoli? Tantissimi. Io mi ricordo che quando ho fatto Ballando con le Stelle eravamo al 32% di media e oggi invece fanno il 22… sono 10 punti!