Si rischia di uccidere la Rai. E’ l’uomo azienda che parla, e il suo è un vero e proprio grido d’allarme. Dopo le pacate dichiarazioni dei giorni scorsi, Bruno Vespa è tornato sul caso del tetto agli stipendi dei conduttori Rai e stavolta lo ha fatto con parole decisamente chiare. Secondo il conduttore di Porta a Porta, che a Viale Mazzini ci ha costruito un’intera carriera, occorre risolvere la questione al più presto. Altrimenti finisce male.
“Sono profondamente addolorato che, per un gioco scappato di mano a tutti, si rischi di uccidere la Rai proprio mentre operatori stranieri stanno sempre più prendendo piede nei media italiani: da Sky a Discovery, alla partecipazione francese in Mediaset, che mi auguro resti italiana…” ha affermato Vespa, intervistato dal Corriere della Sera.
Il conduttore, in particolare, teme che il tetto di 240mila euro annui rischi di sottrarre alla Rai risorse professionali che hanno reso assai più di quanto sono costate. Con conseguenze apocalittiche.
“Significherebbe impoverire la Rai, far precipitare la pubblicità, peggiorare i bilanci, farla uscire dal mercato televisivo, licenziare personale. Credo che nemmeno coloro che oggi festeggiano vorrebbero tutto questo“.
Dopo l’indicazione espressa dal CdA (che farà scattare il provvedimento da aprile), la palla è passata alla politica. Si attende infatti che il Ministero del Tesoro si esprima in merito all’interpretazione della legge 198 del 26 ottobre 2016, quella che appunto stabilisce un limite agli stipendi. Nei prossimi giorni, il DG Campo Dall’Orto incontrerà il ministro competente, Pier Carlo Padoan, e la speranza di Vespa è riposta nell’azione di quest’ultimo.
“Nutro molta stima verso di lui. È una persona di buonsenso e lo dimostra nella tenuta difficilissima dei conti dello Stato. Spero decida per il meglio sulla Rai. Ma non può essere lasciato solo: qui il gioco del cerino non può funzionare…” ha detto il giornalista, che ha parlato di scelta necessaria per “permettere alla Rai di continuare ad esistere”.
Ma, forse, quella del giornalista è una fiducia mal riposta. I politici chiamati ora a sbrogliare la matassa sono infatti gli stessi che hanno promosso una legge poco chiara e di controversa applicazione. Quelle espresse da Vespa sono tutte riflessioni corrette ma la domanda è: non ci si poteva pensare prima? Il ritardo di reazione del Ministero (da cui sono mesi che si attendono lumi) è stato peraltro proprio uno dei motivi che hanno legittimato il CdA ad esprimersi con atto cautelativo.
Secondo il conduttore, il governo e tutti i partiti di buon senso dovrebbero sostenere una decisione “che salva il servizio pubblico“. Finora, però, i principali schieramenti si sono detti a favore di un tetto. Posizione che Vespa contesta con un ragionamento chiaro: se un conduttore fa ricavare alla Rai più del suo compenso, merita quel denaro.
Infine una precisazione sull’ammontare degli stipendi, in riferimento ad alcune indiscrezioni riportate di recente da organi di stampa. Riguardo alla sua busta paga, Vespa ha specificato:
“Mi dispiace che molti continuino ad attribuirmi un compenso annuo di 1 milione e 800 mila euro, più 1 milione per prestazioni straordinarie. In realtà, 1 milione e 800 mila euro è il tetto massimo insuperabile, tanto è vero che nelle ultime due stagioni ho maturato 356.250 euro in più che non mi sono stati accreditati. Questo significa che ho lavorato gratis per 30,6 seconde serate“.
1. Filippo ha scritto:
27 febbraio 2017 alle 12:06