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Un Professore non ha bisogno di questi cliché

Stefania Stefanelli

di Stefania Stefanelli

21/11/2025 - 17:00

Un Professore non ha bisogno di questi cliché

© Daniele Mignardi Promopressagency

3.2 /5

È una delle migliori serie in circolazione, perché può contare su storie forti e su interpreti all’altezza, tra vecchie e nuove leve. Tuttavia, nell’esordio della terza stagione di Un Professore qualcosa ha stonato, ovvero l’essere ricorsi ad espedienti narrativi già visti ovunque e poco incisivi, quando non forzati.

Il primo, lapalissiano, è l’incontro tra il protagonista Dante (Alessandro Gassmann) con la nuova preside Irene (Nicole Grimaudo): quando si ritrovano per la prima volta in sala professori i due sono in grande imbarazzo, dal momento che hanno fatto sesso occasionale in palestra pochi giorni prima, ignorando che avrebbero poi lavorato insieme. Dove l’abbiamo già vista? L’elenco sarebbe lungo e per chiuderla qui ci basta citare l’inizio di Grey’s Anatomy, vecchio di vent’anni.

Ciò che non ha convinto della prima puntata

Tralasciamo il fatto che – così come Serena Iansiti è ormai ingaggiata per fare sempre la terza incomoda – alla Grimaudo è riservato perennemente il ruolo del personaggio ostico, spigoloso, cupo e pesante (che la spegne immeritatamente) e concentriamoci piuttosto sull’altra estrema quanto abusata casualità: la nuova saccente studentessa della 5ª B, Greta (Giulia Fazzini), altri non è che la figlia della stessa preside. E, ovviamente, si invaghisce subito di Simone (Nicolas Maupas), figlio del prof nonché gay.

Che dire poi dell’abitudine del Liceo Da Vinci di mettere tranquillamente nella stessa classe genitori e figli? Se Dante è fin dall’esordio il docente di filosofia di Simone, adesso anche Anita (Claudia Pandolfi) insegna inglese a suo figlio Manuel (Damiano Gavino) in qualità di supplente.

Ora, la cosa in Italia non è espressamente vietata ma, considerato il conflitto di interessi che scatena e che secondo il D.P.R. 62/2013 (aggiornato dal D.P.R. 81/2023) richiede l’astensione dalla valutazione da parte del docente e altri particolari accorgimenti, non è una prassi incoraggiata o consolidata. Anzi, la si ammette solo in casi eccezionali, ad esempio se la scuola si trova in un piccolo centro che non offre alternative, cosa che per Roma non vale: passi una forzatura per rispettare la serie originale Merlì, ma insistere sul punto si sarebbe anche potuto evitare perché risulta poco credibile.

Sono tutti dettagli che non inficiano la buona riuscita del prodotto, attento all’attualità, profondo e allo stesso tempo leggero, con tutte le storie d’amore che promette e con l’innesto ben riuscito delle altre sorprendenti new entry, ma proprio per questo ci saremmo aspettati più originalità.

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