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Il Gattopardo sporcato di modernità
di Stefania Stefanelli
06/03/2025 - 16:10
© Netflix / Lucia Iuorio
2.7 /5
Dimenticate Il Gattopardo così come lo conoscete, metteteci una pietra sopra e non pensateci più: solo così potrete dare un’occasione alla nuova serie Netflix tratta dal romanzo di Giuseppe Tomasi di Lampedusa. Perchè, per quanto nella prima parte segua la strada del celebre film, nella seconda si trasforma in un racconto a tinte fosche che di poetico e glorioso ha poco e niente.
C’è una forbice di sessant’anni tra un prodotto e l’altro e purtroppo si vede nella necessità impellente della serie tv di scavare nel torbido, di amplificare l’oscurità che i personaggi custodivano dentro di sé per sconvolgere, impressionare e “modernizzare” a tutti i costi.
Il Gattopardo: cast debole e personaggi troppo oscuri
Ecco che Don Fabrizio (Kim Rossi Stuart) diventa un lascivo, Angelica (Deva Cassel) una Lolita spregiudicata e Tancredi (Saul Nanni) un uomo fragile e privo di saldi principi, schiavo della propria ambizione. E allo stesso tempo alcuni personaggi minori diventano parodie quasi grottesche.
Il cast è piuttosto debole e non lascia il segno, eccezion fatta per Astrid Meloni, che interpreta la moglie del Principe e Benedetta Porcaroli nei panni di sua figlia Concetta. Questo personaggio, che nella serie assume tutt’altro peso rispetto al passato, riesce a restituire un po’ di quella bellezza e di quell’odore di nobiltà caratteristiche dell’opera; intorno a lei vengono costruite linee narrative nuove affinchè l’immancabile e politicamente corretto femminismo venga a galla anche qui.
La sensazione è che tutto il grande sforzo produttivo che c’è dietro la serie nel complesso sia stato sprecato.
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Il Generale Vannacci dice:
Peccato, eviterò di guardare le puntate.