9
gennaio

La Compagnia del Cigno: una melodia fastidiosa ma che sa emozionare

La Compagnia del Cigno - Leonardo Mazzarotto

La Compagnia del Cigno - Leonardo Mazzarotto

Le sperimentazioni in casa Rai continuano e stavolta suonano in una grande Orchestra, tra ragazzi problematici ed un professore isterico che ha bisogno di ridare un senso alla propria vita. Accade ne La Compagnia del Cigno, la nuova fiction di Ivan Cotroneo, che si presenta come un groviglio, a tratti ambizioso e a tratti troppo ingenuo e fastidioso, lontano dai soliti canoni dell’ammiraglia ma vicino ad una nuova tendenza.

La Compagnia del Cigno: un connubio di attori esperti ed acerbi

Tra esagerazioni continue, colonna sonora dominante e presenza massiccia di attori giovani, La Compagnia del Cigno va a consolidare il rinnovato interesse del pubblico televisivo per le storie che riguardano le nuove generazioni, i loro turbamenti e quei conflitti adolescenziali che un tempo stufavano ma che poi, dopo Braccialetti Rossi, sono tornati in auge.

Il cast della serie si divide tra attori di grande esperienza ed intensità, con Alessio Boni in prima fila, ed emergenti che portano in scena i propri strumenti musicali, risultando così perfettamente nella parte. Sono acerbi, talvolta enfatizzano troppo le proprie performance ma li si perdona quando si esibiscono sul palco, portatori di quella musica che è parte integrante della storia.

L’emotività gioca un ruolo molto importante nell’equilibrio della serie, ma la narrazione appare confusa, perchè troppi sono gli elementi portanti del racconto: la musica, il dramma familiare del professor Marioni ed il suo bisogno di vendetta, le conseguenze del terremoto ad Amatrice e in Matteo (Leonardo Mazzarotto), l’adolescenza dei ragazzi e i problemi delle loro famiglie.

La Compagnia del Cigno: troppi elementi narrativi, difficili da amalgamare

Come se ciò non bastasse, la messa in scena si sposta spesso su un livello onirico, mostrando quello che i personaggi desiderano e non quello che realmente sta accadendo; un meccanismo caro a Cotroneo, che però poteva funzionare in Tutti Pazzi per Amore, mentre qui risulta stonato e ridondante. Come del resto l’incessante necessità dei personaggi di urlare a perdifiato.

La serie, presentata come un coming of age ed una dramedy, ovvero un insieme di dramma e commedia, non ha effettivamente un’identità ben definita, risultando nel complesso un enorme too much. Ma ricco di buoni sentimenti e migliori propositi.

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