2
marzo

Rai, tetto stipendi: quer pasticciaccio brutto de Viale Mazzini

Antonio Campo Dall'Orto, Monica Maggioni

Quer pasticciaccio brutto de Viale Mazzini. Più che un giallo da risolvere, quello legato al tetto compensi per gli artisti Rai è il classico inghippo all’italiana. Un bel pastrocchio realizzato da più mani e sulla cui responsabilità è già in corso un grottesco scaricabarile. Il dibattito sull’argomento ha ormai assunto toni paradossali ed enfatici che si ingrossano di giorno in giorno e che hanno trascinato nel gorgo pure i massimi vertici del servizio pubblico. Nel frattempo, di una soluzione non si intravede manco l’ombra.

Che la situazione sia sfuggita di mano lo dimostra anche il fatto che la Presidente e il DG di Viale Mazzini siano intervenuti pubblicamente sulla controversia con due lettere indirizzate al Corriere e a Repubblica. Scelta quantomeno discutibile. In tal modo, infatti, i due top manager hanno ulteriormente prestato il fianco alle critiche ed alimentato le polemiche su una faccenda che si sarebbe dovuta risolvere ben prima della sua recente ribalta.

Stiamo assistendo a un dibattito che sconta una evidente deriva populista che rischia di minare il valore del Servizio pubblico” ha accusato Monica Maggioni, prendendo a sua volta parte a tale discussione.

Possibile che la Presidente Rai non potesse far valere le sue ragioni in sedi più adatte rispetto alla concreta applicazione della norma? Ma le responsabilità non sono da attribuire unicamente alla Rai. Anche la politica ha fatto la sua parte, approvando una legge sull’editoria farraginosa e di controversa applicazione. E meno male che l’obiettivo dichiarato dal Governo era quello di semplificare. Il Ministero competente, peraltro, avrebbe dovuto fornire delucidazioni interpretative in tempi contenuti, cosa che non è avvenuta. Son passati dei mesi e tutto tace.

Ora, riteniamo giusto che il Servizio Pubblico faccia i conti con una necessaria razionalizzazione, anche perché ci sono sempre di mezzo i denari dei tele-contribuenti (che si vanno ad aggiungere a quelli degli incassi pubblicitari). Ma è pur vero che la Rai opera all’interno di un mercato televisivo con logiche concorrenziali e soggetto a continue trasformazioni. Scelte inadeguate potrebbero quindi penalizzare l’emittente di Viale Mazzini e le sue trasmissioni, anche se ci sembra inverosimile che un tetto agli stipendi possa causare un esodo in massa di artisti verso realtà concorrenti, come invece profetizzato da qualcuno.

In realtà, una soluzione per aggirare l’eventuale impasse ci sarebbe: basterebbe infatti che a mettere sotto contratto i conduttori fossero le case di produzione (visto che non ci sono restrizioni sul costo dei programmi) e non la Rai, che dovrebbe solo acquistare il pacchetto completo. L’espediente furbetto, però, rischierebbe di mettere il servizio pubblico in una posizione di svantaggio rispetto alle major e ai sempre più influenti agenti delle star, che già si muovono con particolare disinvoltura.

La questione, insomma, va districata con precisione, in maniera definitiva e in tempi brevi. Prima di mettere o togliere il tetto, bisogna assicurarsi che la casa non crolli.



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