Sostituire Gordon Ramsay è un’impresa ardua, e infatti è stato un errore imporre a Carlo Cracco, nella versione italiana di Hell’s Kitchen in onda il giovedì su SkyUno, di “esplodere” come lo chef pluristellato scozzese, solo per mere questioni televisive (così come dichiarato dal diretto interessato). Se non altro perché è evidente che il nostro Ramsay ci tiene a mantenere un atteggiamento molto più equilibrato e meno altezzoso del collega, così come ci ha abituato per anni a Masterchef, fatto di sguardi fulminanti e silenzi tombali piuttosto che di urla e offese a destra e manca.
Così se dal primo – divertente – episodio, sembrava che si volesse puntare più sul reality che sul talent culinario, proprio per sopperire alla “mancanza” di Ramsay e rimediare alle “mancanze” di Cracco, ma anche per marcare le distanze dall’altro cooking show di Sky Uno, dal secondo – con l’apertura del ristorante, peraltro molto più piccolo e meno scenografico di quello statunitense – le premesse sono state in parte smentite. Lo chef di origini venete – che per fisicità rimane un personaggio adeguato – ha infatti conquistato la scena ma è stato fin troppe volte tentato dal prendere ispirazione oltreoceano, risultando inutilmente forzato e poco convincente tra grida, rimproveri e prime cacciate, che – assieme al servizio – hanno messo in secondo piano l’evolversi dei rapporti tra i concorrenti.
Il format, invece, è pressoché identico alla versione originale, come la discreta varietà dei piatti cucinati nei servizi (siamo pur sempre in Italia!), che nella versione statunitense tendono un po’ troppo a ripetersi. Pare inoltre azzeccatissimo, almeno fino ad ora, il cast (qui tutti i concorrenti) che già nei primi due episodi ha fatto faville: c’è della pesante competizione non solo nella squadra delle donne, tutte già contro la povera Amelia, ma anche in quella degli uomini tra cui – dopo il primo disastroso servizio – hanno iniziato a correre fulmini e saette, sia in cucina che nel loft. Il che fa ben sperare per i prossimi episodi.