Container



12
gennaio

INTERVISTA A GABRIELE CIRILLI: GIU’ LE MANI DAI TORMENTONI. VOLAMI NEL CUORE L’ESPERIENZA PIU’ SOFFERTA.

Gabriele Cirilli

Gabriele Cirilli è pronto. Tra poche ore il grande debutto su Comedy Central alla guida di Container, nuovo show comico dell’emittente satellitare. Una nuova esperienza professionale che il comico racconta a DM, senza nascondere il suo entusiasmo. Dopo tanta televisione per l’amica di Tatiana è arrivato, infatti, un ruolo da conduttore in solitaria con un programma che lo rappresenti appieno. Un mix tra Mai dire Gol e Avanzi che fonda sulla contaminazione tra generi la propria essenza.

Allora Gabriele cosa puoi dirci di Container?

Finalmente un programma mio, nel senso che conduco. Comedy Central mi ha dato la possibilità di farlo, e sono contento perchè nel programma c’è la cosa che a me piace di più: la contaminazione di generi. Mescoleremo vari tipi di satira, compresa quella politica. La nostra comicità è un misto tra Mai dire Gol e Avanzi di Serena Dandini. Ci siamo ispirati un po’ a quello; fare una carrellata di comici alla Colorado o alla Zelig non servirebbe a niente, sarebbe solo una copia di una copia. Chissà che non sia il primo passo per un ritorno di trasmissioni di satira come si facevano una volta.

Dici che non ci sono più?

Penso che ci siano corsi e ricorsi storici. Tra un po’ magari riappariranno quei programmi e, magari, un domani sparirà la carrellata di comici.

Container va sul satellite, sulla generalista non c’è più spazio per la comicità?

No, la gente ha bisogno di ridere sempre, soprattutto in questo momento. Più ce n’è meglio è, anche se il troppo stroppia. La barca è grande e c’è spazio per tutti, allo stesso tempo con tutta questa comicità si fa fatica a venir fuori come abbiamo fatto noi di Zelig. Qualcuno ci è riuscito ma si è dovuto spostare in altri campi, vedi Checco Zalone con il cinema.

Troppi comici, dunque?

La questione è che il pubblico non si riesce ad affezionare ai comici perché ce ne sono troppi. C’è tanta bella comicità e i colleghi sono bravi, rido molto quando guardo le trasmissioni, ma è difficile, ad esempio, per un tormentone attecchire.

A proposito della comicità da tormentone: ti ha caratterizzato ma spesso è stata bistrattata.

Il tormentone serve per rimanere impresso, persino Striscia o uno come Bonolis ce l’hanno. Ognuno cerca di avere uno slogan, che è poi ciò che ti fa ricordare quando non sei ancora famoso. Fu così, per esempio, per Aldo, Giovanni e Giacomo oppure per Paolo Micone (la gente ti dice: ‘quello con l’occhio nero’) ed anche per me, ‘quello di Tatiana’. Oggi, in verità, spero che non lo dicano più.