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Serie tv sulla mafia, Nicola Gratteri: «Ragazzi imitano i personaggi». Giusto monito, ma no alle censure

di Marco Leardi

05/12/2017 - 11:27

Serie tv sulla mafia, Nicola Gratteri: «Ragazzi imitano i personaggi». Giusto monito, ma no alle censure

Gomorra

Nicola Gratteri combatte la mafia e la vede tutti i giorni. Non in tv, ma da vicino. Suscitano quindi interesse le recenti dichiarazioni che ha rilasciato in merito all’impatto che le serie tv sui malavitosi avrebbero sulla società. Interpellato dal FattoQuotidiano.it, il Procuratore di Catanzaro ha lanciato un monito a quanti producono e scrivono contenuti di questo genere, riferendosi anche all’emulazione che alcune figure negative possono innescare nei più giovani.

Non voglio assolutamente polemizzare con nessuno e non parlo mai di cose specifiche. Dico che la cinematografia e la televisione fanno arte e non mi metto a disquisire su questo. Il senso dei film, dei docufilm e dei libri è quello di educare. Se davanti alle scuole vediamo dei ragazzi che si muovono, si vestono e usano le stesse espressioni degli attori e dei personaggi di questi film che trasmettono violenza su violenza, mi pare che il messaggio non sia positivo

ha dichiarato il magistrato.

Il problema, in questo caso, è come si scelga di impostare il racconto. Le fiction sulla mafia, infatti, sono ormai diventate un vero e proprio genere e spesso gli sceneggiatori – consapevoli che il successo di un prodotto seriale si basi anche sulla riconoscibilità dei suoi protagonisti – creano personaggi sempre più aderenti allo stereotipo del mafioso-star, le cui espressioni ed il cui look diventano (anche involontariamente) oggetto di emulazione.

Non è infatti un mistero che, in alcune zone d’Italia, vi siano giovani che si ‘divertono’ ad atteggiarsi o a farsi il taglio di capelli come Genny Savastano, il boss della serie tv Gomorra. Il pericolo di dare risalto ad eroi negativi è sempre dietro l’angolo e non riguarda solo la serialità: di recente, Roberto Saviano ha presentato sul Nove un programma dedicato ai ‘re del crimine’ (Kings of Crime), dicitura che in qualche modo rischiava di mitizzare proprio i malfattori descritti. “Attraverso i media, i boss cercano di essere consacrati come mito” aveva del resto spiegato lo stesso scrittore, che in una nostra intervista aveva tuttavia replicato di non voler concorrere in alcun modo a questa consacrazione.

Gratteri ha quindi ragione a mettere in guarda sulla potenziale rischiosità di alcune rappresentazioni e le sue parole non ci sembrano certo un invito a sospendere il racconto di certe realtà, che peraltro la tv ed il cinema italiano hanno spesso dimostrato di saper rappresentare meglio di altri. Sarebbe altresì sbagliato mitigare se non addirittura censurare gli eccessi che caratterizzano alcune figure mafiose, a patto però che la spettacolarizzazione ed i cliché non prendano il sopravvento sui fatti, con effetti indesiderati sui fruitori meno attrezzati.

Bisogna riportare parte di ciò che accade nelle mafie, però dobbiamo all’interno dello stesso film o libro inserire qualcosa di alternativo, un messaggio che questi non sono invincibili e forti

ha concluso Gratteri. Facile e giustissimo a dirsi: ma è sulla pratica che, spesso, si riscontrano maggiori difficoltà.

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18 commenti su "Serie tv sulla mafia, Nicola Gratteri: «Ragazzi imitano i personaggi». Giusto monito, ma no alle censure"

  1. Nina: in maniera GLAMOUR????? Si dia il caso, che TUTTI i criminali presenti in Gomorra fanno e dicono cose ripugnanti per cui è difficile provare ammirazione, e i pochi personaggi con cui si riesce a empatizzare sono coloro che sembrano pentirsi o essere poco convinti di quello che fanno (come, per esempio, Ciro di Marzio e Genny). Anche ne "Il capo dei capi" Riina sembrava simpatico, ma se si analizzava il personaggio nel profondo si riusciva a capire il personaggio pessimo che era. Provate ad analizzare le opere seriamente prima di giudicarle...

  2. Michele87: GRAZIE! Mi hai rubato le parole dalla tastiera.

  3. Michele87: non è un rischio emulazione, il problema è che in alcune parti d'Italia lo stato è assente, vedere i criminali rappresentati in maniera glamour non è certo confortante.

  4. Marco Leardi dice:

    @Nina. Grazie! @Jacaranda. Sostenere che l'Italia sia controllata culturalmente dal malaffare è un'affermazione folle, totalmente falsa e infondata. E poi ti contraddici: se il problema è solo culturale allora riguarda anche le serie tv, che sono prodotti culturali a tutti gli effetti (il che, ovviamente, non significa che debbano avere funzione pedagogica).

  5. Cioè ma siamo tornati agli anni '50 e non me ne sono accorto? Ancora a blaterare di rischio emulazione? Gratteri sarà pure un grande magistrato antimafia ma a mio avviso stavolta ha toppato alla grande, facendo un ragionamento degno del peggior bigotto ed ipocrita dei democristiani....... La TV non è una baby sitter, né un agenzia educativa, è, come giustamente sottolineato nell'articolo, soprattutto un mezzo d'intrattenimento e come tale va giudicato, io adoro tutte le serie crime italiane degli ultimi anni (Romanzo criminale, Gomorra, Suburra) ma mai e poi mai mi è venuto in mente di emulare tali gesta e tali personaggi, anzi proprio grazie a tali serie mi sono reso conto che chi fa questo tipo di vita va incontro prima o poi solo a disperazione, rovina, carcere o morte. Poi è chiaro che alcuni aspetti vengano un po romanzati e forzati, proprio perché si tratta di telefilm. La storia dell'umanizzazione dei criminali poi mi ha sempre fatto ridere: anche i criminali sono esseri umani, dunque non c'è bisogno di umanizzarli perché semplicemente umani (per quanto spregevoli) lo sono già e quindi in grado di provare sentimenti umani anche positivi, davvero credete che i criminali siano tipo i cattivi dei fumetti Marvel, perennemente col ghigno ed il ciglio curvo e con il solo pensiero di creare un danno al prossimo? Allora se vogliamo fare questo ragionamento, con tutte le fiction su preti, papi, suore e santi fatte dalla RAI negli ultimi 20 anni in Italia avrebbe dovuto esserci un boom di vocazioni religiose ed invece bisogna prendere parroci e badesse dall'Africa e dal sud-est asiatico perché quelli italiani sono sempre di meno; stiamo parlando di aria fritta.

  6. Jaracanda: vero, mai sentito polemiche relative a prodotti come Pulp Fiction, ad esempio, giustamente considerato un capolavoro.

  7. Gratteri in parte ha ragione, ma la colpa non è delle serie televisive, ma di chi le guarda e non ha capito come prenderle. Un po' come successe con I Soprano, insomma. Travis: Gomorra ti mostra il marcio di quel tipo di società anche senza mettere alcun contraltare, il fatto che alcuni abbiano una sorta di simpatia per Genny Savastano o Ciro di Marzio è dovuto al fatto che i due sembrano parzialmente inadatti al loro ruolo e sembrano pentirsi di quello che fanno in alcune situazioni, e comunque non è vero che la serie è mancante di personaggi negativi (Pietro Savastano? Salvatore Conte?). A mio avviso, ogni regista deve essere libero di girare le proprie opere come cavolo gli pare, senza dover per forza indorare la pillola onde evitare le critiche della ggggente indinniata di turno o di associazioni di rara pedanteria come il Moige e l'Aiart. Se si ritiene che tali serie non siano adatte per i bambini (opinione lecita), allora fate vedere a essi qualcos'altro, non chiedete che le serie vengano modificate e abbiate rispetto della sensibilità artistica di chi le produce.

  8. Come non essere d'accordo con Gratteri? Il punto problematico di queste serie è che, quasi sempre, per appassionare giustamente il pubblico, si costruiscono personaggi e situazioni complesse che non sono sempre totalmente negative o positive e quindi chi appartiene a quel tipo di società si sente rappresentato. Come molti giovani criminali. Secondo me sarebbe sempre giusto, mettere un contr'altare sempre. In Gomorra, ad esempio, non esiste proprio un personaggio totalmente positivo. Gli unici appartenenti alle forze dell'ordine, o sono corrotti o hanno una parte minuscola. E nella realtà questi personaggi ci sono sempre. Tipo Gratteri.

  9. Il problema dei giovani che eventualmente prendono a mito i malavitosi dello schermo non é da attribuire alle serie e film, visto che le stesse sono distribuite e viste in tutto il mondo e mi pare che da nessuna parte ci si immagini giovani convertiti alla mala. Se succede é perche invece in Italia, paese controllato culturalmente dal malaffare, la cultura del crimine non viene perseguita, viene anzi esaltata (i giornali che titolano: toto riina il capo dei capi fa mille volte piu danni di qualsiasi serie tv). Al sud vediamo spesso come la pensano riguardo ai vari boss, tutta brava gente addirittura degna di fermate durante le processioni (!!). La capitale stessa in mano a clan di sinti-mafiosi che nessuno tocca, dalle bancarelle dei Tredicine ai Casamonica e Spada.Tutti sempre agli onori dele cronache, intervistati come persone qualunque. E questo "articolo" ne é la riprova, infatti ha saltato a pié pari i veri problemi e motivi che eventualmente portano al suddetto comportamento, blaterando contro produzioni tv.

  10. Ottimo articolo, come sempre caro Leardi. Ci voleva la presa di posizione per chiarire questa cosa. Rimango perplessa dal fatto che nessun campano si sia offeso per l'accostamento che ha fatto Sky con la partita Napoli-Juve.