C’erano una volta dieci coppie, ognuna con un determinato dono da elargire al mondo per renderlo un posto migliore: la magistrale padronanza dell’inglese delle Veline, l’ironia sprezzante a punte velenose di Costantino Della Gherardesca e i capricci chiccosi di Simona Izzo. Le dieci coppie dovevano intraprendere un faticoso viaggio che li avrebbe portati verso terre sconosciute e meravigliose: dall’India alla Cina. A guidarle nella loro magica e pericolosa avventura c’era un Principe, pronto a dispensare consigli e a guidare spiritualmente le anime dei valorosi eroi alla volta di Pechino.
Va bene, abbandoniamo i toni idillici e ovattati di una favola di Hans Christian Andersen e torniamo alla realtà, perché è di questo che stiamo parlando: di un fenomeno che ha messo d’accordo tutti (o quasi), pubblico e critica, e che è finalmente riuscito ad aggiudicarsi, nella serata di ieri, un ascolto pari al 9,11% di share. Ascolto poco entusiasmante ma per una volta… chissenefrega! Parliamo di Pechino Express, il reality on the road condotto da Emanuele Filiberto e vinto da Alessandro Sampaoli e Debora Villa che è riuscito a riportare in auge un tema così antico e adrenalinico come quello del viaggio, con un linguaggio diretto e visivamente impeccabile, riuscendo a far immergere lo spettatore in quei luoghi e in quelle imprese in maniera naturale e coinvolgente.
Ottimo il cast. Pechino Express ha messo in pedi uno dei cast migliori dei programmi degli ultimi anni, inserendo un microcosmo di anime pulsanti e di personaggi caratterizzanti in un macrocosmo di usi e costumi come l’Asia. C’era di tutto: le belle ragazze ingenue e arzille; la madre petulante e il figlio ‘difficile’; lo zio ironico e il nipote buonaccione; il fidanzato irascibile e la ragazza remissiva e stralunata.
Il montaggio serrato, i colori caldi e accessi e una fantastica colonna sonora costituivano, poi, la cornice ideale per inserire le sfide e le avversità incontrate dai concorrenti nel corso del viaggio.
Cosa non ha funzionato? Poco. Il meccanismo di alcune prove, prevedibili e già viste nel panorama televisivo della generalista che, anziché stupire o scandalizzare, finivano con il divertire per la loro veste beffarda. Basti pensare all’assaggio pietanze per nulla invitanti a base di ramarri, scorpioni e cavallette, riesumate dai pasti dimessi de La Talpa; oppure alla prova di cucina alla mercé di cinesi esperti dell’arte culinaria che fa molto Prova del cuoco o, ancora, all’apertura della “brutta brutta brutta” busta nera già vista nella casa del Grande Fratello. Per carità, non si butta via nulla, ma la vera adrenalina è arrivata proprio durante la finale, in quei minigiochi inaugurati nel cuore di Pechino che vedevano i finalisti dimenarsi da una parte all’altra della città sfidando 37 gradi e lottando contro il tempo per raggiungere il traguardo.
Filiberto ha fatto del suo meglio intervenendo quanto basta. La presenza di un conduttore eccessivamente protagonista e carismatico avrebbe soffocato il programma impedendo ai suoi protagonisti di arricchirlo con il proprio vissuto e il proprio carattere. L’assenza dello studio e del televoto, individuato da Giancarlo Leone via Twitter come la vera svolta del genere del reality, è stata sicuramente rischiosa, anche se decisamente relativa. Ciò che interessava in Pechino Express erano sicuramente i tempi, gli spazi e le culture piuttosto che la gara in sè.
All’inizio di questa avventura eravamo partiti con un timido sette d’incoraggiamento che Pechino Express, impegnandosi a fondo e studiando strenuamente, è riuscito a tramutare in 9, per aver restituito al pubblico quello che da troppo tempo mancava nei reality d’oggigiorno: emozione e adrenalina.
1. Gigi Gx ha scritto:
16 novembre 2012 alle 13:15