10
giugno

EDOARDO CAMURRI A DM: SODDISFATTO DI MI MANDA RAITRE MA IL PROGRAMMA SOFFRE LA CRONACA NERA DI QUARTO GRADO

Edoardo Camurri

Con un curriculum da giornalista culturale, all’età di 37 anni Edoardo Camurri ha conosciuto l’ebbrezza della prima serata. Gli è stato affidato, infatti, il difficile quanto prestigioso compito di rilanciare Mi Manda Raitre, storico brand della terza rete di Viale Mazzini. Dopo sei puntate, come spiega il conduttore a DM, il bilancio è soddisfacente: la ’sostanza c’è’ e gli ascolti, anche se bassi, vanno interpretati. Colpa di una serata non proprio facile e della cronaca nera di Quarto Grado, sul cui appeal presso il pubblico Edoardo ha una teoria…

Com’è arrivato un ‘filosofo per vocazione’ a Mi Manda Raitre?

Facendo dei colloqui e un provino; una cosa meravigliosa e molto seria così come dovrebbe essere. Io mi occupavo del cosiddetto giornalismo culturale: ho curato per Adelphi un libro su Rodolfo Wilcock, importante scrittore della seconda metà del Novecento, altre cose culturali sul Foglio e ho condotto Omnibus Estate oltre ad aver fatto tanta radio. Poi ho ricevuto una telefonata dalla Rai che mi invitava a fare un colloquio, al quale è poi seguito un provino vero e proprio in cui ho simulato due casi da Mi Manda Raitre con dei figuranti.

Sei soddisfatto di come procede la trasmissione?

Sì, certo, la sostanza c’è. Per quanto riguarda gli ascolti non lo sono perché si può sempre fare di più. Sono dati che vanno interpretati: come diceva Nietzsche ‘non esistono fatti ma solo interpretazioni’. In un palinsesto molto difficile come quello del venerdì sera dove Rai 3 storicamente fatica, noi abbiamo fatto guadagnare qualcosina. Inoltre dopo un anno e più di assenza del programma con un conduttore nuovo ed esordiente non era facile. Non ci aiuta la concorrenza molto forte di Quarto Grado, così come il fatto che proponiamo temi duri in una serata della settimana in cui gli italiani hanno voglia di svagarsi. Anche la cronaca nera di Quarto Grado è una forma di svago se pensiamo ai gialli che d’estate leggiamo avidamente.

Che ne pensi dell’invasione della cronaca nera sulla tv generalista?

Sui casi di cronaca c’è un aspetto interessante che si collega alle favole tradizionali. Un esempio è la storia di Pollicino: una favola tradizionale che da secoli raccontiamo ma che è cronaca nera efferata. Ritengo perciò che la cronaca nera tocchi aspetti profondi della psiche collettiva, che susciteranno sempre interesse e che vanno ad agganciarsi a degli archetipi di cui siamo in qualche modo succubi. Si tratta del fango primordiale nel quale noi sguazziamo da sempre. Più che sociologica, dunque, darei una spiegazione archetipica al successo della cronaca nera.

Avete pensato di cambiare collocazione al programma?

Non te lo so dire, non so come funzioni. Noi comunque stiamo lì per combattere e non ci spaventiamo.

L’anno prossimo ci sarà Mi Manda Raitre?

Mi auguro di sì, la situazione dei palinsesti, come si sa, è complicata e tutto è ancora aperto.

Avevi seguito Articolo 3?

No, ma da quando sono al timone di Mi Manda Raitre ho visto qualcosa.

E invece i vecchi Mi Manda Raitre?

Io ho un ricordo d’infanzia quando c’era Lubrano, “la domanda sorge spontanea” lo trovo straordinario; crescendo non è che lo guardassi sempre ma ho un ricordo ottimo sia di Marrazzo che di Vianello. Entrambi hanno saputo metterci una loro cifra.

Qual è la tua cifra?

Dovrebbero dirlo gli spettatori. Io spero di fare una conduzione curiosa e innamorata. Mi Manda Raitre racconta un Paese ed è interessante seguire come questo cambi nel corso del tempo.

Sul caso Scilipoti hai qualche “pentimento”?

Era giusto invitarlo per il tema che stavamo trattando, ovvero la storia di una ragazza morta per un tumore che era in cura da uno psicoterapeuta di Pordenone. Quest’ultimo si rifà esplicitamente alle teorie criminali di un medico tedesco che sostiene che tutte le malattie sono frutto di un trauma esistenziale e psicologico, e una serie di altre stronzate clamorose e criminali. L’onorevole aveva invitato in una sala della Camera dei deputati questo medico e credo che, in quanto parlamentare e dunque rappresentante dei cittadini, fosse giusto chiedergli il perché.

Mi manda Raitre va in onda su una rete a forte connotazione politica. Questo ha delle ripercussioni in qualche modo sul tuo lavoro?

No, proprio no. Lavoriamo in maniera molto empirica, non c’è un approccio ideologico. Un lavoro solido basato sui fatti, sulla verifica di questi e sui possibili risvolti legali.

Il tuo rapporto con Ruffini?

Ottimo, è il direttore che mi ha scelto, non posso che essergli grato.

Come ti senti ad avere il “tifo” di Aldo Grasso (nella rubrica sul Corriere il 1 maggio il critico esordiva così: ‘Ebbene sì, lo confesso: faccio il tifo per Edoardo Camurri…”)?

Ne sono onorato, è un maestro.

Lo stesso Grasso ti ha definito “Libero pensatore un po’ nichilista”. Ti ci ritrovi?

No, magari, ma in quella definizione c’era una dimensione ironica ed era riferita ad un mio pezzo sul Foglio a proposito di Calciopoli. Avevo scritto un dialogo filosofico totalmente inventato dove un fantomatico filosofo, che era stato un allievo di un gran pensatore nichilista russo, cercava di difendere in maniera ironica e paradossale una squadra di ‘pallaelastica’ la cui posizione richiamava quella della Juventus.

Com’è stato girare l’Italia dei miei Stivali per Sky Uno?

Ci siamo divertiti come dei pazzi: un safari tra gli italiani; questa è la curiosità di cui parlavo prima. L’abbiamo girato in un luogo come Sanremo che rappresenta davvero il concentrato di luoghi comuni, un luogo circoscritto nel tempo e nello spazio in cui le energie del Paese si accumulano. Ci siamo accostati alla città dei fiori con uno spirito scanzonato, ma che si riagganciava alla tradizione storica dei documentari italiani.

Tornando a Mi Manda Raitre, saranno apportati dei miglioramenti alla trasmissione?

Sicuramente più ritmo per cercare di velocizzare lo studio, e l’inserimento di filmati sempre più dinamici. Credo poi valga la pena essere sempre più contemporanei per raccontare al meglio la realtà del Paese.

Qual è la realtà del Paese secondo Edoardo Camurri?

Non te lo posso dire perché farei del banale sociologismo. Le generalizzazioni non raccontano la realtà, quella si può descrivere solo per fatti empirici. Non si coglie la realtà con la sociologia ma sporcandosi piedi e mani.



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1 Commento dei lettori »

1. lele ha scritto:

10 giugno 2011 alle 17:54

contento lui… la conduzione non mi piace: troppo enfatica e a volte urlata. Ci vorrebbe più “calma” in un programma del genere



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