“La bellezza serve se ciascuno di noi accetta di mettersi in cammino contro la banalità, la mediocrità, l’ignoranza“. Il Matteo Renzi divulgatore televisivo non è poi così diverso da quello politico: stessa parlantina, stessa indole affabulatoria, stessi giri di parole ad effetto. L’ego ipertrofico, si sa, non gli manca e in questo caso tracima dal piccolo schermo. Ma c’è una sostanziale differenza. In Firenze Secondo Me, il documentario da lui presentato sul Nove, l’ex rottamatore è risultato più convincente e sopportabile del suo alter ego politico, che ultimamente non se la sta cavando benissimo.
Avvolto dalle meraviglie senza tempo del capoluogo toscano, Renzi si è calato nei panni del divulgatore e ha guidato il pubblico in alcuni luoghi significativi della città. La prima puntata, in onda sabato scorso in prime time, ha dato prova della buona fattura del documentario, soprattutto nelle immagini scenografiche e nel montaggio che ha scandito con equilibrio i tempi del racconto.
La narrazione è stata affidata unicamente a Matteo Renzi, il quale non ha mai ceduto la parola ad esperti o ospiti ma ha accentrato su di sé i ruoli di divulgatore, esperto d’arte, storico e dispensatore di riflessioni. Ci saremmo aspettati che l’ex rottamatore presentasse la città toscana raccontando, con un taglio soggettivo, storie di personaggi magari sconosciuti ai più, ma legati al territorio e alla sua memoria storica (o attuale, perché no). Il novello conduttore tv, diversamente, ha preferito attenersi ad una narrazione più didascalica – di Alberto Angela, però, c’è già l’originale – non senza una serie di deroghe autoreferenziali.
La visita ai luoghi della città è stata infatti accompagnata da citazioni in stile renziano, da osservazioni e ricordi personali o da chiavi di lettura attinte dal terreno politico. Un connubio rispetto al quale, ogni tanto, veniva da chiedersi se il vero protagonista del documentario fosse Firenze o il divulgatore in erba. Di fronte a La Calunnia del Botticelli, opera custodita agli Uffizi, l’ex premier ha commentato:
“Potremmo definirlo il quadro delle Fake News, se dovessimo ragionare di oggi, perché questo tema è un tema che non riguarda soltanto la Firenze del 1495, ma anche il mondo politico di oggi“.
Poi, parlando di un antico documento firmato da Anna Maria Luisa de’ Medici, ecco la considerazione altisonante, pronunciata con l’espressione impegnata di chi la sa lunga (o, almeno, ne è convinto): “Anche oggi abbiamo bisogno di leader che guardano al futuro“. Intensa, perché sorretta da un’efficace sequenza di immagini, la pagina finale sulla strage di via dei Georgofili, con la declamazione (da parte di una voce fuori campo) della poesia della piccola Nadia, una delle vittime.
Per un’ora e mezza la parlantina di Renzi ha tenuto banco, ha attratto e stordito il telespettatore, il quale ha assistito ad un documentario nel complesso ben confezionato. Come accade in politica ormai da qualche tempo, anche in tv l’esponente Pd non ha ottenuto un grande seguito: le due cose, peraltro, a nostro avviso non sono poi così scollegate. Pur non essendo un campione di empatia, il politico ha comunque dimostrato di sapersela cavare davanti ad una telecamera che non sia quella di un talk show.
1. Luca ha scritto:
17 dicembre 2018 alle 18:54