Non è L’Arena, ma ci assomiglia moltissimo. I toni battaglieri e volutamente indignati sono ancora quelli: la drammaturgia non è cambiata. E anche il conduttore è il medesimo. Sempre lui, il mattatore con lo sguardo da piacione. Stavolta però siamo su La7 e di mezzo c’è stata una fragorosa rottura con la Rai. Massimo Giletti la rievoca subito, sin dai primi minuti del debutto, nel corso di un commosso ed efficace monologo che forse avrà fatto pentire qualcuno a Viale Mazzini rispetto alla decisione di far fuori il brizzolato presentatore.
“Quando uno entra in una tempesta spera solo di attraversarla e fare in fretta” ha esordito Giletti, apparendo solo sulla scena. Il conduttore, che su La7 ha ritrovato il proprio piglio e pure quel narcisismo in realtà mai sopito, ha poi fatto riferimento al giorno in cui si consumò il suo addio alla Rai e ai pensieri che accompagnarono quella decisione:
“Dirò sempre grazie all’azienda che continuo ad amare e amerò per sempre. Grazie perché mi ha dato tante possibilità. In quell’azienda sono entrato ragazzo e ne sono uscito uomo e giornalista. Gior-na-li-sta: vorrei fosse chiaro. Forse qualcuno non l’aveva capito“.
La puntata ha poi avuto inizio con un’inchiesta su Giancarlo Tulliani, sul cui arresto la trasmissione ha mostrato materiale e testimonianze. E qui Giletti ha saputo costruire una buona narrazione televisiva attorno ad una vicenda che da tempo non destava più alcun interesse. Con abilità, il conduttore ha giocato bene le sue carte e nel corso della serata ha sparato alcuni scoop, come quello sulle pressioni che l’allora Presidente della Camera Gianfranco Fini avrebbe fatto sulla Rai proprio per conto del futuro cognato Tulliani.
Col passare dei minuti l’emozione del debutto si stempera e Giletti scende nell’Arena, sfoderando gli sguardi ammiccanti, le pose da matador e pure le intemerate che già – e per altri argomenti – gli avevano procurato fortune in Rai. Massimo ci sa fare, quella è la sua materia: il conduttore si prende quindi la scena, ma ha la coda dell’occhio rivolta spesso al passato. Ogni due per tre allude infatti ai suoi screzi con i vertici del servizio pubblico e, si sa, il troppo stroppia. Così l’effetto tele-martire, anche se non voluto (o forse sì?), è sempre dietro l’angolo e rischia di irritare.
Mollata la frizione, il ‘Gilettone’ fa crescere i giri del motore e si butta sul vero core business delle sue trasmissioni: le pensioni ed i vitalizi. Alè. La discussione cresce di tono e il racconto televisivo si gioca sui contrasti. Da una parte il panettiere Mauro Guidi, dall’altra il sindaco di Olbia, entrambi già ospiti de L’Arena – versione Rai – nello scorso febbraio. Per la serie, a volte ritornano (da Giletti, ovviamente). In studio c’è pure Klaus Davi, tuttologo noto per i toni oltremodo polemici e per l’inutilità di certi suoi interventi.
Sul finale arriva Lele Mora e si discute di molestie nel mondo dello spettacolo, argomento che ormai è diventato un vero e proprio genere. Buona la prima per un programma che ha dato prova di una discreta costruzione complessiva, pur rivelandosi una semplice ma comprensibile riproduzione de L’Arena in scala Rai1:La7 (con ospiti debolucci rispetto a quella che doveva essere una grande premiere).
1. Rox ha scritto:
13 novembre 2017 alle 10:38