E’ la prima serie italiana targata Netflix. Negli ultimi mesi del 2017 (la data di rilascio non è ancora stata comunicata), il colosso streaming racconterà le “relazioni pericolose” tra Stato, Chiesa e criminalità con la prima stagione di Suburra, prequel dell’omonimo film. Un progetto ambizioso, presentato stamane a Berlino, insieme a tutte le prossime novità del gruppo americano, al cospetto degli interpreti Filippo Nigro e Alessandro Borghi, della produttrice esecutiva di Cattleya Gina Gardini e del regista Michele Placido.
Quest’ultimo, in particolare, ne ha approfittato per rimarcare l’elevata libertà concessa da Netflix nel realizzare la serie. L’elogio al servizio streaming si è però trasformato in un’invettiva nei confronti della televisione generalista tricolore:
“La cosa bella di Netflix è che si può andare oltre. In una serie tv prodotta in Italia dalla Rai o in altre televisioni noi siamo già censurati, già partiamo facendo una storia in cui alcune cose non si possono dire in partenza perchè riguardano una certa politica, un certo potere religioso, un certo potere mafioso per cui gli sceneggiatori, ma anche chi produce, si mettono al riparo. Con Netflix abbiamo la libertà di fare quello che ci pare“.
E ha continuato sottolineando che la libertà di Netflix passi anche nella scelta degli attori:
“Io stesso non pensavo di avere una libertà tale per esempio anche nella distribuzione dei ruoli per gli attori. Non avere i soliti attori italiani, piccole star o star legati a un gioco di ruoli di distribuzione della televisione generalista”.
Come fatto notare, però, Suburra è una coproduzione tra Netflix e la Rai che, come spiegato da Gina Gardini, ha aderito in maniera entusiasta al progetto. Placido, che per la tv generalista ha interpretato – tra i tanti personaggi – Padre Pio, ne è consapevole e apprezza l’operazione di Viale Mazzini. Tuttavia non manca di esprimere dubbi:
“Finalmente la Rai osa, rischia [...] Mi fa molto piacere. Poi vedremo come andrà a finire, vedremo cosa faranno vedere, però è una bella sfida“.
Ha, poi, aggiunto che finora progetti simili sono stati sempre respinti dalla Rai, l’ultima bocciatura risale a pochi mesi fa. A spingerlo ad accettare la sfida di Suburra è invece il fatto che “le serie televisive sono diventate il segno più alto delle produzioni cinematografiche“. Inoltre il successo di Romanzo Criminale ma anche quello di Gomorra, con cui Suburra condivide la casa di produzione, ha fatto sì che “fossimo pronti”. Nessuna tentazione, poi, di fare anche l’attore perchè:
“Avendo una storia da attore quando dirigo i miei attori mi piacere essere nei personaggi, mi piace far vedere come una prostituta si deve comportare a letto per sedurre un politico [...] Diventa un bell’incontro tra noi, penso sia vantaggioso essere un regista attore”.