10
giugno

SALVATORE ESPOSITO A DM: LA PSICOLOGIA DI GENNY SAVASTANO IN GOMORRA, DA COGLI0NE AD ANIMALE. E ANNUNCIA UN FINALE…

Salvatore Esposito

Salvatore Esposito

Poche ore ancora e sapremo che ne sarà di Genny, donna Imma, Ciro e tutto il clan di ‘Gomorra‘. Gli ultimi 120 minuti della serie di Sky Atlantic, divenuta già un cult nel Belpaese, sono pronti per la messa in onda e, all’indomani della conferma di una seconda stagione, Salvatore Esposito – l’inteprete del nuovo boss dei Savastano – arriva su davidemaggio.it per una video chiacchierata con la quale si racconta e ci racconta quello che sarà un clamoroso momento della verità. L’attore, infatti, annuncia un finale

Napoletano, classe 1986, Salvatore Esposito, raggiunta la maggiore età, inizia a studiare recitazione, prima nella sua città, presso la Scuola di cinema di Napoli, e successivamente con l’acting trainer Beatrice Bracco. Ha fatto il suo esordio televisivo nel 2013 con Il clan dei camorristi, nei panni di Domenico Ruggiero, per poi raggiungere la notorietà, l’anno successivo, con la serie di Stefano Sollima.

Salvatore Esposito: gli inizi in un fast food

Sei romano o napoletano?

Napoletano, napoletano.

Non parlavo di origini, intendevo adesso…

(sorride, ndDM) Adesso… sto preparando qualcosa, e devo allenare il mio udito al romano.

Si tratta di un corto?

Si, ma ci sono anche altri progetti.

Che non si possono svelare!

In questo mondo, finché non c’è nero su bianco…

Scaramanzia napoletana, mettiamola così.

Il progetto cui accennavi tu, comunque, è molto interessante.

Non sapevo ci fossi tu, l’ho scoperto oggi. Anzi, spieghiamo meglio: qualche giorno fa sul blog abbiamo pubblicizzato questo progetto di ‘crowdfunding’, realizzato da giovani attori…

Il progetto si chiama Carvina. A prescindere da quello che sarà il corto, mi piace proprio l’idea che la gente possa collaborare per creare qualcosa. Può piacere o meno, ma almeno si dà spazio ai giovani, si danno aiuti, si danno possibilità, un po’ come quella che ho avuto io in Gomorra. Mi hanno dato la possibilità di dimostrare, far vedere quanto valgo. E oggi le possibilità sono poche.

Parlando con te si ha la sensazione di avere a che fare con una persona che tutto è fuorché napoletana. Cosa che presumo sia indice di un bel corso di dizione e di uno studio che è stato fatto prima di arrivare a questo…

La recitazione è sempre stata il mio sogno. Io sono cresciuto a Mugnano di Napoli, che praticamente è a dieci minuti da Napoli centro. Fa parte di quell’hinterland nel quale ci sono anche Giugliano e Secondigliano. Una zona bellissima che purtroppo balza troppo spesso agli onori della cronaca per altre vicende. Sognavo di recitare ma, arrivato ai 18 anni e dovendo scegliere cosa volessi fare, non vedevo come una possibilità quella di seguire la mia passione per la recitazione. Dicevo: “Mica prendono me, chi se lo pija”, e quindi iniziai a lavorare. Ho lavorato per 6 anni in un fast food, e non me ne vergogno. Mi è stato utilissimo, economicamente parlando, ma anche a livello di esperienze. Poi a 24 anni ho deciso di provare con la recitazione, non volevo vivere con il rimpianto di non averci provato. Così iniziai un corso alla Scuola di Cinema di Napoli, con persone molto preparate che mi hanno fatto capire se fossi in grado oppure no di recitare. Perché la recitazione è un’arte. Dopo il corso, circa 4 anni fa, mi sono trasferito a Roma,  dove ho studiato con Beatrice Bracco, che adesso purtroppo non c’è più. Ho studiato con lei per due anni. E’ stata la chiave di volta della mia vita, sia umanamente che artisticamente. Mi ha aperto un mondo.

Dall’hinterland napoletano a Gomorra grazie alla mia famiglia

Provenendo da quelle zone, ti è capitato di rivivere in Gomorra qualcosa che ti è capitato realmente nella vita?

Da attore, ti dico che per fortuna mi è capitato di vedere determinate cose, conoscere determinate persone e avere a che fare con loro. Mi è servito per poter trasmettere quegli occhi, quel modo di parlare, quella freddezza, quella naturalezza, quella inconscia arroganza che hanno determinate persone. Umanamente parlando, invece, dico “purtroppo”. Ho avuto amici che non ci sono più perché hanno perso strade diverse dalla mia. Io ho avuto la fortuna di poter contare su una famiglia, che è stata ed è tuttora fondamentale per me. Mi ha incoraggiato e seguito in tutte le mie scelte, anche perché come si dice a Napoli “non ero doce e’ sale”. Ero una bella testa calda.

Ma come fa un ragazzo “normale” a condividere quella realtà e ad amalgamarsi con quelle persone? Come si fa, insomma, a condividere qualcosa quando si è distanti parecchio, per idee e stili di vita?

Quelle persone, quando fanno determinate cose, non ti coinvolgono, anzi. Tu magari lo sai, oppure quando inizi a capire, piano piano ti allontani. Sono riuscito a vivere la mia vita così come volevo, lasciandoli alle loro scelte. Io se potevo aiutarli, davo loro dei consigli. Però quando parlavo di determinate cose, loro mi rispondevano dicendo di non avere altre alternative. Ciò che fanno è sicuramente frutto di una scelta, però è anche vero che in alcuni casi non hanno realmente delle alternative. L’esempio di Genny è lampante. Nel senso che era, è un personaggio arrogante.

La psicologia di Genny: da cogli0ne ad animale. Da Genny a Don Gennaro Savastano

Non ti sarai mica tradito parlando di Genny al passato?! Se mi hai rovinato il finale… povero te.

No, non mi odierai. Guarda, non so se tu guardi le serie americane. In Italia, quando si è cominciato a parlare di Gomorra, hanno pensato che fosse una bellissima serie, una cosa pazzesca, ma si sono soffermati poco, come fanno invece negli Stati Uniti o in Inghilterra, sulla psicologia dei personaggi. Genny se tu lo vedi insieme a Ciro Di Marzio, Don Pietro o Donna Imma ti sembra un coglione. Immaginalo, invece, in mezzo a dei ragazzi normali: chi è che ti sarebbe sembrato un animale? E’ una questione di psicologia. Quando il padre gli regala la moto perché ha fatto fuori il tossico, Genny inizia a pensare “Mio padre mi ha comprato la moto perché ho ammazzato uno”. Piano piano, avendo a che fare con quel mondo, dopo essere stato inviato in Honduras dalla mamma, ha capito che lui ci poteva stare, e ci poteva stare anche bene in quel mondo.

A me sembrava che Genny avesse delle perplessità proprio perché riteneva quel mondo non giusto. Invece poi andando in Honduras e frequentando una realtà forse anche più cruda di quella napoletana,  si è adattato. Ha preso consapevolezza…

Nessuno si è soffermato a capire quello che Genny aveva fatto in Honduras. Ha iniziato a trattare col Cartello, l’organizzazione di narcotrafficanti probabilmente più potente al mondo. Poi la mamma ha iniziato a cambiare le carte in tavola, ed è passato dalla gabbia d’oro in cui viveva a Napoli, ad essere una vittima dei narcos, anche se la camorra ha un suo peso a livello internazionale, e non gli avrebbero fatto nulla. Comunque è stato costretto a vivere per settimane in una capanna, in mezzo alla giungla, a mangiare solo riso e scarafaggi, con un compagno di prigionia americano con il quale piangeva e rideva. Poi ad un certo punto i narcos entrano nella capanna e gli dicono di uccidere il compagno, altrimenti avrebbero ammazzato lui. In quel momento la teoria darwiniana del più forte ha avuto il soppravvento. Genny ha ucciso il compagno. Da quel momento i narcos hanno capito di aver di fronte un uomo con il quale parlare d’affari. E quando Imma fa la riunione con gli altri clan sottolinea che hanno avuto quei prezzi perchè il figlio ha trattato col Cartello. Per questo Genny ritorna così. Non è che è andato a Lourdes o Medjugorje.

Perché proprio Genny, che è un nome che ha qualcosa di femminile, e non Gennaro?

Genny rende l’idea di ragazzino, è più amichevole. Quando torna dall’Honduras tutti quanti invece lo chiamano Gennaro. E negli ultimi due episodi inizieranno a chiamarlo Don Gennaro Savastano.

Sembri quasi orgoglioso…

Sono orgoglioso del percorso che ha fatto il mio personaggio, e della possibilità che mi è stata data di interpretarlo. Non per quello che fa, ma per la complessità del personaggio, per le diverse sfaccettature che assume. Sono due personaggi diversi, che camminano, guardano, in modo diverso. Hanno altre priorità. E’ come se avessi interpretato due personaggi nella stessa serie.

Sono diversi anche fisicamente…

Certo, io ho perso 20 chili. Ci sono 20 chili di differenza tra un personaggio all’altro.

Li hai messi o li hai persi i chili?

Ho dovuto fare un lavoro innanzitutto sul corpo, sul modo in cui mangiava, e poi un lavoro psicologico.  Durante la preparazione di Genny, un ventenne sbarbato e paffuto, ho preso 10 chili, perché rendermi più tondo, meno marcato, ed avere quell’aria da bonaccione, di uno a cui non importa nulla di ammazzare la gente. Poi Stefano Sollima, coadiuvato dalla produzione, mi ha dato la possibilità di fare tutte le scene del primo Genny durante l’arco dei 4 mesi iniziali, permettendomi di prendermi 2 mesi e mezzo di pausa nei quali perdere 20 chili. Mi hanno affiancato un nutrizionista e un personal trainer con il quale mi allenavo due ore al giorno. Erano allenamenti pesanti, anche perché poi ho una struttura fisica grossa. Quindi la massa che dovevo perdere io, come sai benissimo, era si la massa grassa, ma dovevo tenere conto anche del tono muscolare, perché se poi ti afflosci si vede.

Gomorra: l’appartamento di Genny sequestrato dalla magistratura

Mi ha colpito molto il fatto che l’appartamento utilizzato come tua abitazione nella serie, è stato poi realmente sequestrato. Come avete fatto a girare le scene?

La produzione dopo dei sopralluoghi ha visto questa casa (pazzesca. Pensa che all’interno c’era anche un pony!) e ha preso degli accordi con il proprietario, non sapendo naturalmente che fosse un delinquente. Hanno stipulato un contratto regolare. Poco dopo siamo venuti a conoscenza che la casa fosse stata posta sotto sequestro. Il nostro contratto però ha avuto validità finché non abbiamo terminato le riprese, e i soldi andavano all’ufficio giudiziario che teneva in custodia la casa.

Mai più progetti legati alla Camorra

Le tue due esperienze principali sono ‘legate’ alla Camorra, una ne Il clan dei camorristi, l’altra in Gomorra. Ti dà fastidio che tu sia stato scelto per dei ruoli che richiamano le tue origini, o meglio che le tue origini condizionino le scelte dei casting director?

Questo è un problema a livello nazionale. Riguarda la maggior parte dei casting. C’è poca fiducia in Italia, rispetto ad altri paesi, nel lavoro dell’attore.

Della serie: se devo fare il napoletano chiamo il napoletano…

Si, a meno che l’attore non abbia superato quella determinata soglia, dopo dieci anni di lavoro, dopo la quale hai dimostrato di essere un attore che è in grado di fare altre cose. Allora ti tengono presente. In altre parti del mondo non è così.

Tu che vorresti fare? Che ruolo ti piacerebbe interpretare?

Io questi due progetti a cui ho partecipato, li ho ottenuti in due anni. Ho finito da poco di studiare. Non so quanti altri siano riusciti ad ottenere tutto questo in così poco tempo. Quindi mi ritengo fortunato. Ho comunque lottato per arrivare a questa fortuna. Ho studiato, ho puntato sempre in alto. Il mio puntare in alto mi porta a dirti che mi piacerebbero dei progetti internazionali. Magari 007, dei personaggi della Marvel, oppure un capolavoro come A Beautiful Mind, uno dei miei film preferiti.  Mi piacciono quei film che danno la possibilità all’attore di esprimersi. I supereroi, poi, sono i sogni di un ragazzino, però il cinema impegnato che dà la possibilità di trasformarti, di mostrare tutte le sfaccettature della tua recitazione, è la sfida più grande.

Nel futuro vedi commedia o dramma?

Dipende dal progetto. Di certo eviterò qualsiasi nuova produzione inerente la camorra o la mafia. Farlo significherebbe sminuire il lavoro che ho fatto. Tu puoi essere l’attore più talentuoso, il più trasformista, però fare il camorrista più volte significherebbe sminuire il lavoro che hai fatto in precedenza. Ho avuto modo di partecipare alla serie più bella che sia mai stata fatta in Italia, con un personaggio come Genny che è, a mio avviso, il più interessante.

Gomorra: Salvatore Esposito annuncia un finale…

Grazie per l’intervista, che poi è stata una chiacchierata piacevolissima. E assicuro a te e a tutti i lettori del blog che vedranno questa conversazione, che martedì dopo le due puntate finali si resterà per dieci minuti con il mentino abbassato e ci si domanderà: “Veramente hanno fatto questo? Devo aspettare un anno e mezzo per la seconda stagione?”

Finale aperto, dunque?



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