tv del dolore



16
giugno

Funivia Mottarone, il video della tragedia trasmesso in “esclusiva” da TG3 e TGLa7. La Procuratrice di Verbania: «Assoluta inopportunità»

Funivia del Mottarone, video della tragedia. Tg3

La cabina della funivia, ormai arrivata a destinazione, si impenna all’improvviso e di colpo torna indietro a folle velocità. Fino allo schianto. A bordo ci sono 14 persone, tra cui il piccolo Eithan, l’unico superstite. Le terribili sequenze che documentano la tragedia del Mottarone sono contenute in un video ottenuto dai Carabinieri ai fini dell’inchiesta e divenuto ora pubblico. In tv, il Tg3 e il lo hanno trasmesso parlando di “esclusiva” e operando una scelta decisamente discutibile sul piano dell’opportunità. Era necessario mostrare la morte in diretta? 

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14
novembre

PAOLO BONOLIS ACCUSA CHI FA LA TV DEL DOLORE: “SEMBRA CHE I CONDUTTORI SIANO I MANDANTI”. ANCORA IN FORSE CIAO DARWIN

Paolo Bonolis

Si può essere vincenti senza vincere? Paolo Bonolis lo è. La sfida del preserale tra Rai 1 e Canale 5 è ancora saldamente in mano a Carlo Conti con L’Eredità, ma Avanti un altro ormai tallona costantemente da settimane la concorrenza, piazzandosi di diritto tra i successi televisivi della stagione in corso. Una sfida, ci tiene a precisare il conduttore romano, vinta insieme all’azienda, quasi a voler mettere a tacere le voci che lo vogliono da “sempre” non in sintonia con la tv del Biscione. In realtà, è la cosiddetta tv del dolore che lo urta maggiormente, Rai o Mediaset che sia:

Mi inquieta, sembra quasi che i conduttori siano i mandanti - accusa Bonolis in un’intervista al settimanale Chi - Ormai è tutto in vendita: la morte, il dolore”.

Alcuni diranno: ma a parlare è lo stesso che anni fa a Domenica In intervistò il serial killer Donato Bilancia? Paolo mette subito i “paletti” sulla questione, rimarcando la differenza tra il suo fare tv e quello di alcuni suoi colleghi:


12
ottobre

ANNA MARIA TARANTOLA: BASTA SENSAZIONALISMO E TV DEL DOLORE IN RAI. FICTION AIUTINO I CITTADINI

Anna Maria Tarantola

A dispetto del profilo sobrio ed autorevole, Anna Maria Tarantola, quando vuole, sa tirare mazzate mica da ridere. Ieri, ad esempio, la Presidente Rai ha chiesto che l’emittente pubblica non indulga più nel sensazionalismo e nella tv del dolore. Così, chiaro e tondo: che tutti capiscano. In una relazione inviata ai componenti della Commissione di Vigilanza, la top manager di Viale Mazzini ha dettato nuove linee guida per un “progetto di rilancio aziendale da realizzare nel medio-breve termine.

Il piano d’azione riguarderà in primis i palinsesti, in modo che la Rai svolga “sempre di più quel ruolo di volano della cultura televisiva che è proprio del servizio pubblico“. Un concetto, questo, al quale la Presidente aveva già fatto riferimento nei giorni successivi al suo insediamento.

“Ogni singolo pezzo della nostra programmazione, quale che sia il mezzo per cui è stato pensato o attraverso il quale arriva al pubblico, dovrà comunque avere ben chiaro il marchio autorevole del servizio pubblico. Così la fiction, che è uno strumento importante con cui, attraverso la narrazione, si possono aiutare i cittadini a capire e a crescere. Così lo stesso intrattenimento che, mi sento di dirlo con chiarezza, non deve più indulgere nel sensazionalismo e nella tv del dolore. Sono convinta che in Rai vi siano risorse adeguate per cambiare, innovando con intelligenza e equilibrio”

ha scritto Anna Maria Tarantola nel documento redatto in occasione dell’audizione in Vigilanza del 26 settembre scorso e trasmesso ora alla Bicamerale.





30
ottobre

LUCA ZANFORLIN CONTRO DOMENICA CINQUE: ‘MI VIENE NATURALE GRIDARE LO SDEGNO SU CHI VOGLIA FARE BUONA TELEVISIONE PARLANDO ANCORA DI MARCO SIMONCELLI’

Marco Simoncelli

Molti l’hanno pensato, Luca Zanforlin l’ha scritto gridando a squarciagola il suo sdegno per l’ennesima scelta discutibile di Domenica Cinque che riunisce anche questa settimana i suoi ospiti per parlare di Marco Simoncelli, a funerale già concluso e dopo mille fiumi di inchiostro, opportuni o meno, sul tragico incidente al Sic.

‘Sto vedendo canale 5 in questo momento e mi viene naturale gridare lo sdegno su chi voglia fare “buona televisione” parlando ancora di Marco Simoncelli.. Questi signori non hanno capito nulla della lezione di vita che la famiglia Simoncelli ha dato a tutti noi e alla tv compresa.. solo una parola che schifo! Marco vorrebbe gioia e musica se fosse ora davanti alla tv!! Non sto fintume!!’

Pochi minuti dopo le 15 l’autore di Amici e fedelissima spalla di Maria De Filippi in barba alla diplomazia di rete usa il social network per mandare un messaggio inequivocabile all’infotainment Videonews e ai coinquilini di palinsesto. Immediata la solidarietà degli amici virtuali con un post che di minuto in minuto si riempie di assensi e gradimento alla riflessione di Luca.


26
luglio

SALVATORE PAROLISI E MICHELE MISSERI: UN “MOSTRO” E DUE DESTINI OPPOSTI

Salvatore Parolisi

Visto da vicino, il “mostro” fa un certo effetto. Regala un brivido, scatena una perversa sete di vendetta. Sarà (anche) per questo che la cronaca nera attira sempre più l’interesse del pubblico e lo incolla al piccolo schermo. Lo spettatore, nella fattispecie il teleguardone da obitorio, attende solo che la cinepresa sveli il particolare macabro e inquadri il volto del presunto assassino. Ecco l’Orco, l’uomo nero: ”bastardo, crepi in galera!“. Negli ultimi mesi l’apparizione in video del sospetto omicida ha anche scatenato le reazioni violente di alcuni telespettatori: un atteggiamento viziato da una comunicazione televisiva che ha spesso previlegiato l’emotività e i risvolti inquietanti piuttosto che la semplice cronaca.

Il pubblico ha conosciuto i protagonisti dei delitti attraverso i filtri della tv, li ha inquadrati secondo una percezione rifratta e pronta a cambiare radicalmente nel giro di pochi giorni. Pensiamo, ad esempio, a Michele Misseri, prima considerato l’assassino di Sarah Scazzi e poi ritenuto un semplice esecutore dei piani di Sabrina e Cosima (figlia e moglie), forse le vere colpevoli. Oppure ci riferiamo a Salvatore Parolisi, passato da sospettato a unico accusato (e arrestato) per l’omicidio della moglie Melania Rea. Misseri e Parolisi sono l’esempio di come una certa tv abbia raccontato e assecondato due “protagonisti”, contribuendo a tracciarne destini opposti.

Ricordate la sera dello scorso 6 ottobre? In diretta tv Concetta Serrano apprendeva che figlia Sarah era morta per mano del reo confesso zio Michele. Da quel momento le principali trasmissioni d’attualità e infotainment avrebbero discusso per giorni sull’indole dell’assassino.  A distanza di qualche mese, però, gli inquirenti hanno ridimensionato il ruolo dell’uomo, giudicando poco attendibili le sue ammissioni. Ecco così che la tv, un tempo impegnata a rappresentare zio Michè nella sua turpe mostruosità, ora gli porge il microfono per svelarne il lato fragile e le sofferenze interiori.





21
giugno

1981-2011: DA ALFREDINO A MELANIA, LA TV DEL DOLORE COMPIE 30 ANNI

Melania Rea

10 giugno 1981, Alfredino Rampi cade in un pozzo artesiano a Vermicino. 20 Aprile 2011, il corpo di Melania Rea, trafitto da 35 coltellate, viene ritrovato a Ripe di Civitella in provincia di Teramo. Due tragici eventi apparentemente lontani tra loro per luoghi, tempi e dinamiche, ma in realtà molto più vicini di quanto si possa pensare. Le morti di Melania e Alfredino, oggi come ieri, scuotono l’opinione pubblica e incollano davanti alla tv milioni di spettatori. A far loro compagnia nel corso di questi trent’anni: Simonetta Cesaroni, Marta Russo, Elisa Claps, Samuele Lorenzi, Tommaso Onofri, Chiara Poggi, Meredith Kercher, Denise Pipitone, Sarah Scazzi, Yara Gambirasio e tanti altri ancora. Eroi per caso, balzati agli onori della cronaca nel peggiore dei modi, in un’evoluzione sempre più sensazionalistica del mezzo televisivo.

Una deriva che sembra aver preso il via proprio il 10 giugno di trent’anni fa con la tragedia del piccolo Alfredino. La sua terribile morte ma soprattutto le lunghissime 63 ore passate nel vano tentativo di portarlo in salvo rappresentano una delle  pagine più tristi della televisione italiana.  Una storia in cui eroi e sciacalli, generosità e cinismo, informazione e fiction, autorità dello Stato e venditori di bibite e panini, si mescolarono tra loro fotografando, in unica istantanea, il meglio e il peggio del nostro Paese. L’Italia intera seguì la vicenda con una partecipazione fuori dall’ordinario. Una diretta televisiva ininterrotta di 18 ore, la più lunga che si fosse mai vista fino allora, con un’audience stimata di oltre 21 milioni di spettatori.

Una telecronaca che ha segnato una svolta irreversibile nella televisione italiana infrangendo per la prima volta il tabù della morte in diretta. Da quel momento, caduto ogni pudore, molte altre saranno le incursioni della tv su drammi e tragedie. La diretta di Vermicino rappresenta la prima combinazione tra generi televisivi differenti. Nasce ufficialmente quello che oggi tutti quanti chiamiamo Infotainment. Una fusione d’information ed entertainment che porta il giornalismo a diventare più popolare e attraente nel sempre più concorrenziale mercato televisivo. Lacrime, strazio, dolore, la continua ricerca dello scoop in diretta e di quel sensazionalismo fondamentale ai fini degli ascolti riempiono indistintamente i palinsesti della tv pubblica e privata. Un dato per tutti: la percentuale di cronaca nera, che nei telegiornali dei paesi europei è del 4%, in Italia si triplica arrivando al 12%.