di Gianluca Da Siena
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“Per centinaia di anni, i nomadi hanno condotto una vita fatta di tradizioni e semplicità. Poi, il loro mondo si è scontrato con il ventunesimo secolo…”. Questo è l’incipit di ogni puntata di “Il mio grosso grasso matrimonio gypsy” (My big fat gypsy wedding, nella versione originale inglese), in onda su Real Time (canale 31 del DTT) il venerdì alle 22.10 e, in replica, la domenica alle 23.10.
Un programma-documentario che ci mostra la realtà dei nomadi dal loro punto di vista e ne racconta da una parte le tradizioni che ancora si conservano, come il matrimonio in giovanissima età preceduto da un fidanzamento dai metodi molto bruti (“la cattura” da parte degli adolescenti gypsy) o l’estremo maschilismo che governa questa particolare “società” (alle donne è solo concesso partorire e accudire marito e roulotte), e dall’altra tutte le novità dovute all’influenza della nostra cultura.
Il matrimonio è proprio una di quelle particolari tradizioni ancora ben radicata in questa etnia che ha subìto la nostra influenza. Le nozze rappresentano prima di tutto un traguardo a cui tutte le giovanissime (spesso minorenni) nomadi devono puntare e non solo deve risultare perfetto ma anche il più bello e sfarzoso possibile, cosicché si parli bene della ragazza e le si dia il giusto rispetto. Assistiamo così a dei matrimoni talmente “spettacolari” che i nostri sembrano delle cene informali: strabilianti limousine, elicotteri e vestiti pacchiani dal peso abnorme. Un grande party hoolywoodiano che sfocia poi in sensuali balli le cui protagoniste, bambine e ragazze in tenera età dall’abbigliamento da cubiste in erba, fanno di tutto per mostrarsi e imitare i loro idoli (da Beyonce a Shakira). Una grande festa, l’unico giorno di festa al cui cardine vi è la figura della donna, costretta dal matrimonio a subìre gli ordini dall’altrettanto giovane marito e a convivervi in una sgangherata roulotte.