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LE MILLE VERITA’ DEI SALOTTI TELEVISIVI

di Massimo Dorati

31/01/2011 - 17:17

LE MILLE VERITA’ DEI SALOTTI TELEVISIVI

Teatro Parioli

Una premessa è doverosa prima di accingermi ad argomentare questo articolo. DM è un blog che parla di televisione: appunto per questo, cercheremo di attenerci rigorosamente a tutto ciò che riguarda le dinamiche narrative inerenti a fatti o vicende che ci vengono giornalmente (aggiungerei esageratamente) propinati nei cosidetti salotti televisivi (ormai purtroppo veri motori trainanti, in termini di ascolti, di molte delle reti generaliste e non solo). Nostra intenzione è quella di dimostrare come un certo fatto possa diversamente essere “metabolizzato e recepito” da uno spettatore qualsiasi attraverso l’utilizzo di tecniche precise, o costruite ad arte, per alterare, manipolare, condizionarne la percezione del concetto di verità. Tali subdole e a volte capziose tecniche vanno dall’uso della satira come passepartout per ogni argomento, anche il più scabroso, al conduttore stesso del programma: ce ne sono di tutti tipi e modelli. Facciamo un giochino? Vediamo se riuscite ad individuarli…

C’è il finto buonista con il vestitino da primo della classe e la barbetta curata, il bravo ragazzo occhialuto della porta accanto che tutte le madri vorrebbero come genero, c’è l’astioso ed egoriferito Capopopolo, griffato Armani, con tutte le sue truppe cammellate pronte ad azzannare chiunque passi da quelle parti; continuiamo col direttore dall’orobica inflessione dichiaratamente schierato, perennemente imperturbabile e sempre assolutamente documentato, il sottile giornalista prestato temporaneamente alla televisione, bravissimo nel suo mestiere, ma con ancora qualche anno di gavetta per definirsi un “principe dei talk show”, c’è il direttore frou frou che balla canta e diveggia con gli ospiti tra fornelli, pantaloni scozzesi e risate che però, quando c’è da “fare politica rosa tendente al fucsia” non è certo uno che si tira indietro, c’è il Leonardo Da Vinci dei salotti televisivi, l’inventore , colui che del talk show ne ha fatto un’arte e finiamo con il Richelieu della Tv di Stato, uomo temuto, trasversale. Lui va dove c’è il Potere. E il Potere? Va dove c’è Lui… ( siete riusciti ad individuarne qualcuno?)

Ma continuiamo la nostra carrellata di mezzi subdolamente utilizzati: uso sapiente delle luci, stacchi di camere e primi piani particolarmente ad effetto, volti a esasperare una certa situazione; immagini di forte impatto emotivo, di solito trasmesse sul ledwall durante l’intervento di un certo ospite; scelta e composizione del parterre degli ospiti (fondamentale), “lancio” improvviso di un break pubblicitario da parte del conduttore subito dopo aver rivolto una domanda particolarmente insidiosa senza prima averne ricevuto risposta (il tempo del break pubblicitario permette di attenuare il pathos in studio, ma fondamentalmente fa perdere “peso specifico” alla esaustività della risposta. Floris è un genio nell’uso di questa tecnica: fateci caso).

Ma gli escamotage possono proseguire ad libitum: dallo stacco delle telecamere su particolari apparentemente insignificanti (il colore della calza, la ruga, una smorfia di imbarazzo, un cenno di diniego), continuando con il privilegiare interventi di alcuni ospiti a scapito di altri, sovrapposizioni delle voci degli astanti per rendere poco chiare, da casa, certe risposte chiarificatrici, fino ad arrivare a moltiplicare l’immagine dell’intervistato su tutti i monitors dello studio creando una sorta di angosciosa moltiplicazione e reiterazione dell’immagine al fine di accrescerne gli effetti drammaturgici: tutti questi esempi sono solo alcuni degli artifizi che si possono usare, all’insaputa dell’inconsapevole telespettatore, che tuttavia viene, senza saperlo, condizionato subliminalmente, ricevendone una rappresentazione artatamente distorta dell’oggettività di un fatto.

Ciò che stiamo tentando di spiegare non vuole essere una presa di posizione riguardo a fatti di cronaca nera (Avetrana, Meredith), politica (Rubygate, case o Bunga–bungalow a Montecarlo, intercettazioni o quant’altro). Ciò che ci preme, per concludere, è allertare ed informare i lettori come il mezzo televisivo non sia solo banalmente un semplice elettrodomestico o un alleviatore fedele di “stati di solitudine esistenziale” ma, se usato in modo abile, furbo e a volte impietosamente disonesto, possa essere un mezzo molto più subdolo e pericoloso di altri media palesemente schierati e quindi logicamente superfaziosi. Terminerei parafrasando una citazione del Senatore Andreotti: “la televisione logora chi non la fa… onestamente”.

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11 commenti su "LE MILLE VERITA’ DEI SALOTTI TELEVISIVI"

  1. Che la televisione logori chi non la fa, lo pensano solo quelli che la fanno, che l'hanno fatta o che aspirano a farla. Lo scarso livello degli ascolti delle tv generaliste lo dimostra. Chi soffre di solitudine esistenziale (consapevolmente o meno ) è lo spettatore ideale a cui fanno riferimento le reti Rai e Mediaset. Tutti gli altri dirottano la loro attenzione altrove ( un altrove molto ampio ) e quando guardano i cosiddetti programmi di approfondimento di queste reti ( facendone lievitare gli ascolti ) lo fanno con lo spirito di chi guarda un reality show finalmente autentico anche se desolatamente tale. Le uniche valutazioni da trarne sono di tipo antropologico. La gente non è così disponibile a farsi permeare dalle verità costruite ad " arte " .