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AMICI 12, RENZI AL SERALE: UN’OCCASIONE SPRECATA NEL CAOS DELLA RETORICA

di Raffaele Di Santo

06/04/2013 - 22:12

AMICI 12, RENZI AL SERALE: UN’OCCASIONE SPRECATA NEL CAOS DELLA RETORICA

Matteo Renzi ad Amici 12
Matteo Renzi ad Amici 12

Che il messaggio di Matteo Renzi sia stato positivo, in apertura ad Amici, è fuori dubbio. Speranza necessaria, per quei ragazzi che guardano il programma e che, tanta fortuna, non l’hanno avuta come i talenti presenti in studio.

Un soliloquio del Primo Cittadino di Firenze, durato 4 minuti, senza nessun botta e risposta con la conduttrice che lo ha introdotto senza troppi giri di parole. E Matteo Renzi, per dire, evita giacca e cravatta, predilige giubbotto di pelle nera alla Fonzie, per ‘parlare ai ragazzi’.

Se l’obiettivo era il racconto-intervento ai giovani(ssimi), dispiace costatare che si è scelta una modalità inopportuna, quella che, per uno strano meccanismo, trasforma i politici in star da acclamare in piedi. Leggi di apparenza, a danno dei contenuti. Intenzione nobile c’era: far dialogare i ragazzi con i temi importanti di uno stato civile, ma siamo certi che si possa fare tra pajettes e business? Doveva esserci un messaggio chiaro e c’è stato: speranza. Ma la speranza, quella vera, è che un discorso così non rimanga nei primi minuti di un talent, che sono già stati dimenticati dagli accaniti fans.

4 minuti non sono poi così tanti, ma bastano. Se non si tratta solo di canti e balli bisogna stare attenti. Se si interviene sulle rappresentazioni sociali, se le si cambia o le si vuole cambiare, o almeno ci si prova, ci sarebbe bisogno di maggiore consapevolezza. Ci si aspettava maggiore colloquio tra la conduttrice e Matteo Renzi, come elemento di mediazione con il pubblico.  La perplessità è questa: siamo certi che quello di Amici sia il contesto giusto per dare un messaggio di speranza ai cittadini italiani?

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31 commenti su "AMICI 12, RENZI AL SERALE: UN’OCCASIONE SPRECATA NEL CAOS DELLA RETORICA"

  1. Il problema è tutto in quel giubbotto di pelle, che spiega tutto. Renzi ha avuto la vanità di specificare (a Radio 105) che gli è stato regalato «da un'amica, Donatella Versace» proprio per andare ad Amici. Ha sentito il bisogno di travestirsi per mimetizzarsi meglio. Tutta l'operazione è sembrata un travestimento: la politica che non deve sembrare politica. A programma, Renzi ha detto più volte di non voler cambiare gli Italiani, ma l'Italia, quindi si fa e si dice quel che piace agli Italiani (dimenticando che la Germania funziona non perché è la Germania, ma perché è abitata dai Tedeschi). Se quei pantaloni sono troppo stretti per un ex grasso, ci si insacca dentro lo stesso, perché è il costume adatto. A proposito di frasi a effetto: tutto il discorso era costruito in maniera formulare. Chi segue Renzi sa che egli ha messo a punto una serie di discorsi di riserva, metafore e battute spiritose che ricicla in continuazione (il suo libro, "Fuori!", è un buon riassunto). Ma scommetto che il pubblico di Amici sentiva per la prima volta la sua storiella sulla cupola di Brunelleschi (che, a essere precisi, si è lesionata profondamente già durante la costruzione). Se alle prossime politiche lo scontro fosse tra Berlusconi, Grillo e Renzi, paradossalmente ritoreneremmo alla forma più vecchia della politica, quella delle due politiche. La prima è recitata sul proscenio da attori che hanno un carisma pop, fanno il lifting, trebbiano il grano, attraversano a nuoto stretti di mare, indulgono alla prostituzione e sono specializzati in barzellette e discorsi trascinanti. L'altra, quella vera, si svolge nelle segrete stanze, dove un politburo di tecnici, boiardi e burocrati decide in silenzio cosa bisogna fare, e lascia ai politici pop il compito di venderlo all'opinione pubblica. O, ancora meglio, di parlare d'altro.