Concorrenti dei reality italiani insultatevi pure quanto vi pare! Se i regolamenti interni ai format di casa nostra potrebbero punirvi con una temutissima eliminazione, avrete comunque compiuto un atto del tutto legittimo e legale.
Lo ha stabilito la Cassazione, che ha definito i reality come un contesto con l’insita “caratteristica di sollecitare il contrasto verbale tra i partecipanti“, che a tal proposito ne sono “perfettamente consapevoli“. La sentenza in questione è arrivata in merito alla domanda di Franco Mancini, concorrente del reality Survivors, flop colossale andato in onda su Italia1 nel 2001 con la conduzione di Benedetta Corbi. Saranno stati i concorrenti nip, sarà stata colpa della mancata diretta, ma il programma in questione non è mai decollato negli ascolti, destinando il format a sparire sulle reti Mediaset, salvo poi ricomparire in chiave vip su Raidue, che con L’Isola dei Famosi non ha certo avuto problemi di auditel.
Il concorrente in questione si era rivolto al tribunale per ottenere un risarcimento in seguito ad un insulto arrivato da un suo collega naufrago, Samuele Saragoni, reo di aver apostrofato Mancini con il termine di “pedofilo” per aver rivolto delle attenzioni ad un’altra concorrente più giovane. Mancini aveva sostenuto che il taglio della scena era possibile, essendo lo show completamente registrato prima della messa in onda, e aveva dunque chiamato in causa anche Stefano Magnaghi, responsabile del controllo su Survivor per conto di RTI. Ma a Mancini avevano dato “picche” già il Tribunale di Rieti e la Corte d’Appello di Roma.
Per la Cassazione, dunque, “occorre avere riguardo al contesto nel quale l’offesa è inserita“, e se anche Survivor era uno dei primi reality in onda nel nostro paese, i concorrenti dovevano tener conto di partecipare ad una “trasmissione volutamente indirizzata alla rissa verbale“. Ma come mettere a tacere le lamentele dell’ex-concorrente riguardo alle numerose prese in giro ricevute dopo la partecipazione al reality? Per la sentenza sono “una conseguenza della notorietà volontariamente acquisita con la partecipazione a quella trasmissione, nonché della naturale tendenza del pubblico all’imitazione di quanto apparso in televisione“.
Considerato anche lo scarsissimo successo che quell’unica edizione del programma ha registrato in Italia l’intera faccenda ci sembra veramente paradossale. Eppure “pedofilo” è una parola che ha un suo peso, e che sembra veramente difficile da inserire e decifrare in un contesto ludico e televisivo come quello di un reality, alla luce anche di tutti gli insulti e le bestemmie che in diverse occasioni sono state segnalate, messa al bando e punite. Mancini si sarà messo l’anima in pace, e chissà che i futuri concorrenti dei prossimi reality del bel paese non si sentano legittimati all’insulto libero.
Se nomination deve essere, che sia anche una nomination… colorita?
1. sonia_vampira ha scritto:
23 settembre 2009 alle 16:56